martedì 29 giugno 2010

L'altro Ghetto di Roma conquistato dal Vaticano


Roma aveva un secondo Ghetto ebraico. Si trovava tra lungotevere Pierleoni e piazza Monte Savello. Era una piccola zona a un passo dal Portica d’Ottavia, dove si trova l’antico quartiere degli ebrei romani. Lo chiamavano il Ghettarello.
Sulle testimonianze della sua esistenza sta lavorando da mesi l’Archivio storico della Comunità ebraica di Roma (Ascer), che ha rinvenuto antichi e preziosi documenti. Tra i più importanti, uno in particolare ne accerta l’esistenza e risale agli anni 1731-1735: «Passato il portone del Ghetto detto Quattro Capi vi è la strada avanti al palazzo dei SS. Savelli, che introduce al vicoletto chiamato Porta Leone, a mano dritta vi è un portone dove si entra al cortiletto detto il Ghettarello il quale portone si apre e si serra nel tempo che si aprono e si serrano i portoni del Ghetto». L’apertura e la chiusura dei cancelli del Ghetto in contemporanea con l’apertura e la chiusura dei cancelli del Ghettarello testimonia che le due zone erano distinte, anche se limitrofe.
All’interno del Ghettarello c’era anche una sinagoga, chiamata Porta Leone. Il luogo di culto esistette fino al 1555, dopo la costruzione del Ghetto fu chiuso e poi riaperto fino alla definitiva chiusura nel 1735. Per arrivarci bisogna varcare i cancelli. L’ingresso alla zona ancora oggi è interrato sotto un piccolo giardino recintato, dentro il quale è contenuta la colonna votiva per i caduti della Prima guerra mondiale eretta a suo tempo con il contributo di 200 lire dall’Università degli ebrei di Roma (oggi Comunità ebraica, ndr). A testimonianza dell’uso della sinagoga la stessa bolla papale Cum nimis absurdum di Paolo IV. Gli ebrei utilizzavano i locali dell’«altro Ghetto» anche come magazzini, dove conservavano vino, farina, azzime, e materiale di vario genere vecchio o inutilizzato.
Il Ghettarello fu inoltre al centro di un lungo contenzioso proprio tra la Santa Sede e gli ebrei romani, quando il 23 luglio del 1731 fu notificato al rabbino Sabato Di Segni un’ordinanza che prevedeva l’evacuazione dei locali entro otto giorni. Lo scambio di lettere e documenti nel tempo sono la vera fonte che prova con certezza l’esistenza di quest’area «recintata» e utilizzata dagli israeliti. Alla fine della disputa tra le due parti gli ebrei dovettero cedere sotto forzatura del Santo Uffizio e venne ordinata la chiusura della sinagoga del Ghettarello, dopo 150 anni di esercizio. Le famiglie che si recavano lì per pregare dovettero così iniziare a frequentare gli altri luoghi di culto ebraici di Portico d’Ottavia. Una seconda piccola diaspora, dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme.

Le 100 scuole islamiche abusive d'Israele

Ci sono almeno 500 scuole elementari non registrate nel Nord di Israele, delle quali oltre un centinaio sono gestite dal Movimento islamico. È quanto ha denunciato oggi un funzionario del ministero dell'Educazione israeliano, Orna Ben-Simhon, durante una discussione alla Knesset. Il ministero dell'Educazione, ha continuato Ben-Simhon, è preoccupato per il fenomeno, e in particolare dell'infiltrazione del movimento islamico nelle scuole e negli asili, che continuano a operare anche se le licenze sono state revocate. I deputati arabi presenti al vertice hanno insistito sulla legalità di queste attività. Ben-Simhon ha anche fatto notare come i bambini che frequentano le scuole elementari nelle città arabe hanno protestato contro Israele dopo il raid compiuto contro la 'Freedom flotillà. Per contrastare queste scuole il ministro dell'Istruzione Gideon Sàar (Likud) ha creato una speciale commissione incaricata di ispezionare ogni nuova scuola elementare e verificare che i programmi non prevedano insegnamenti contrari allo Stato ebraico e all'esistenza di Israele. L'organismo sarà responsabile di approvare le licenze in base al programma scolastico che verrà supervisionato. In caso di violazioni, la scuola verrà chiusa.

Olanda, poliziotti con la kippà contro gli antisemiti

Poliziotti in abiti civili con la kippà (il copricapo) in testa potrebbero essere utilizzati in Olanda nell'ambito della lotta contro fenomeni di antisemitismo, se il parlamento olandese approverà una proposta presentata nei giorni scorsi da un deputato e giudicata oggi «un'opzione possibile» dal ministero della giustizia. L'idea di travestire poliziotti per combattere forme di
intolleranza non è nuova. Nel passato, poliziotti olandesi si sono fatti passare per omosessuali per consentire l'arresto di un uomo che entrava in contatto con gay via internet per poi molestarli e derubarli. A proporre di far indossare la kippà a poliziotti in abiti civili è stato il deputato laburista di origine marocchina Ahmed Marcouch. L'idea è di fargli pattugliare i quartieri e le strade dove più di frequente si registrano episodi di intimidazione e offese contro ebrei. Nel 2009, sono stati 167 i casi segnalati di violenze fisiche e di profanazione di sinagoghe in Olanda, secondo il centro olandese di informazione e documentazione su Israele.

lunedì 28 giugno 2010

Manifestazione per Shalit, le foto dei lettori (3)





Ringrazio per le fotografie, in particolare, Emanuele Vaccaro e Micol Anticoli.

Manifestazione per Shalit, le foto dei lettori (2)



Manifestazione per Shalit, le foto dei lettori




domenica 27 giugno 2010

Daniela Di Castro, il cordoglio della politica


L'impegno di Daniela Di Castro per la cultura è stato immenso. La direttrice del Museo Ebraico di Roma ci ha lasciati da poche ore. Subito, appresa la notizia, i maggiori esponenti del mondo civile hanno voluto ricordarla con parole di stima e affetto.
"A nome di tutta l'Amministrazione comunale voglio rivolgere le più profonde condoglianze alla comunità ebraica per la scomparsa della signora Daniela Di Castro, direttrice del Museo ebraico di Roma", ha detto Gianni Alemanno. Il sindaco di Roma ha aggiunto: "Resterà sempre il ricordo di una persona di grande gentilezza d'animo, di profondo radicamento nella cultura ebraica e capace di un'autentica apertura al dialogo nei confronti di tutta la città". Il presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, ha espresso "a nome di tutta l'Amministrazione regionale il più sincero cordoglio" per la scomparsa di Daniela Di Castro unendosi "al dolore di tutta la Comunità ebraica". Stesse parole espresse dal presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti, che aggiunge: "Rimarrà sempre vivo in noi il ricordo della sua grande impegno nel dirigere con passione e dedizione il museo ebraico di Roma". Tra i tanti messaggi di affetto alla famiglia Di Castro non è mancato quello del ministro dei Beni culturali, Sandro Bondi: "Una delle grandi studiose della cultura ebraica. La Di Castro è riuscita in questi anni a rilanciare una importante Istituzione come il museo ebraico, al contempo luogo della memoria, della cultura e della storia e punto di riferimento della Comunità ebraica italiana».

L'ultima intervista a Daniela Di Castro

Addio a Daniela Di Castro. Il ricordo di Pacifici


Questa mattina la Comunità ebraica di Roma ha salutato per l'ultima volta Daniela Di Castro, storica dell'arte e direttrice del Museo Ebraico di Roma, nel cimitero di Prima Porta. Daniela è morta venerdì sera. Fino all'ultimo momento ha lavorato per gli ebrei romani, per restituire dignità alla storia di una Comunità ricca di storia e con un patriomonio culturale immenso da gestire. Il Museo Ebraico della Capitale è oggi il fiore all'occhiello non solo di chi frequenta Portico d'Ottavia, ma anche per tutti i romani e i turisti che ogni giorno pagano un biglietto per ammirare i gioielli di Lungotevere Cenci.
"Il suo più grande merito è stato quello di rifondare il Museo ebraico, che compie in questi giorni 50 anni, facendolo diventare un'eccellenza sia nel gradimento della gente sia nella sua capicità espositiva", ricorda il presidente Cer Riccardo Pacifici. "Un carattere forte - prosegue Pacifici - che con la sua autorità culturale era capace anche nei momenti di dissenso di convincere
della giustezza delle sue scelte. Debbo dire che alla fine ha sempre avuto ragione e ne abbiamo raccolto tutti i meriti. Ha trasformato il Museo ebraico non in un luogo polveroso ma di grande accoglienza, a tal punto che nelle grandi occasioni abbiamo usato il Museo stesso anche per eventi mondani, per cene e piccoli convegni». Di Castro è stata, tra l'altro, la direttrice che ha mostrato a Papa Benedetto XVI il Museo durante la sua visita in
Sinagoga, così come quella che ha organizzato la rassegna per i 95 anni di Toaff. "Una donna - spiega ancora Pacifici - che ha fatto del Museo il biglietto da visita della Comunità. Non c'era personaggio istituzionale, politico o religioso che non passasse per il museo. Come a dire, questa è la nostra storia, ecco da dove veniamo. È sempre stato il primo punto di approccio alla nostra comunità. I suoi ultimi impegni: il raduno di tutti i direttori dei musei ebraici di Europa, i 50 anni del Museo di Roma e una mostra a New York saranno ora i nostri impegni".

Rissa al Campidoglio, partono le prime denunce

Una denuncia ai carabinieri sugli incidenti scoppiati la sera di giovedì scorso sulla scalinata del Campidoglio, è stata presentata da quattro attivisti della Rete romana per la Palestina che parlano apertamente di «aggressione subita» e non di rissa e che «i responsabili dell'aggressione vengano individuati e perseguiti a termini di legge per i reati compiuti». Lo fa sapere la stessa Rete che ha già nominato i suoi legali che seguiranno il corso delle indagini. Giovedì 24 giugno, mentre era in corso al Colosseo una manifestazione per la liberazione del soldato israeliano Gilad Shalit, a cui erano presenti, oltre alla comunità ebraica romana anche il sindaco Alemanno e il presidente della Provincia di Roma, Zingaretti, sulla scalinata del Campidoglio una quarantina di attivisti filo-palestinesi accendevano dei lumini per ricordare gli oltre 10mila palestinesi nelle carceri israeliane. «Denunciamo l'aggressione subita da un gruppo di squadristi riconducibili alla comunità ebraica romana - dice la Rete in un comunicato - di questo si è trattato e non di una rissa. Due attivisti sono stati ricoverati in ospedale, uno deve essere operato e l'altro ha riportato un trauma cranico. Almeno altre quattro persone hanno subito percosse e contusioni». La Rete ha fatto sapere di avere un video della manifestazione in Campidoglio (in realtà non si vede l'aggressione perché, come detto dagli attivisti della Rete, fino ad allora tutto si stava svolgendo pacificamente poi al momento del presunto raid l'operatrice con la telecamera non ha potuto filmare). «Abbiamo sporto denuncia per poter utilizzare le registrazioni delle telecamere del Campidoglio», ha detto un'altra attivista. Diversa la versione della comunità ebraica che ha parlato di aggressione da parte dei militanti filo-palestinesi armati di coltelli e catene. «Strano, però - ribattono dalla Rete - in realtà le forze dell'ordine hanno scortato noi fino alle nostre automobili e motorini. In genere sono le vittime ad essere protette e non gli aggressori». La Rete romana per la Palestina ha fatto sapere che «chiederà un incontro urgente con il Prefetto e il Sindaco di Roma affinché venga tutelato il diritto di espressione a sostegno della Palestina senza consentire impunità a nessuno».

sabato 26 giugno 2010

Scontri al Campidoglio, ecco le due versioni dei fatti


La maggior parte dei lettori è di sicuro già informata circa i fatti avvenuti a margine della manifestazione del Colosseo, giovedì sera, per chiedere la liberazione di Gilad Shalit. La scalinata del Campidoglio è stata teatro di uno scontro tra due gruppi. Scontro verbale e fisico. Il primo gruppo è formato dai rappresentanti della Rete romana per la Palestina. Il secondo, da alcuni cittadini romani di religione ebraica. La dinamica dei fatti non è chiara. Saranno le telecamere che sorvegliano l'area del Campidoglio a dire cosa è successo. Per ora circolano due versioni. La prima è stata fornita dalla Rete romana per la Palestina (Loretta Mussi, Franco Speranza, Josef Salmain, Franco Nobile), la seconda dal presidente della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici. Di seguito, ve le riporto.

RETE ROMANA PER LA PALESTINA
I quattro rappresentanti: "La notte di giovedì eravamo sulla scalinata ad accendere in modo pacifico mille candeline per ricordare al mondo i più di mille prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane. Alle 23.15 circa un gruppo di circa quaranta persone è salito dal Teatro Marcello, dalla zona del Ghetto. Ci hanno subito aggrediti, al grido di 'arabi di merda', strappandoci lo striscione e la bandiera palestinese. Erano tutti a volto scoperto. Poi, utilizzando anche armi come tirapugni, hanno iniziato a picchiare. Non è stata una rissa bensì un'aggressione. Il gruppo viene poi richiamato da un capo e torna verso il Teatro Marcello. Dopo poco giunge dal Colosseo un gruppo più pacifico. Ci chiedono cosa sia successo. Noi rispondiamo che gli ebrei del ghetto ci hanno aggrediti. Loro replicano: siamo noi gli ebrei del ghetto. Di lì nasce un secondo scontro verbale. Tornano anche i ragazzi del primo raid. Vola anche qualche manata. Chiediamo alla polizia di intervenire. Solo quando il si stava per tornare violentemente alle mani le forze dell'ordine hanno formato un doppio cordone di sicurezza tra noi e loro. Siamo poi stati scortati alle nostre macchine. Quella è stata un'aggressione squadrista sionista. Al di là del procedimento legale (sporgeremo denuncia), chiediamo le scuse ufficiali della Comunità ebraica di Roma perché noi non abbiamo neanche alzato un minimo slogan antisemita, eravamo lì per manifestare e basta. Se si vuole mantenere una convivenza civile in questa città, bisogna che i rappresentanti ebrei prendano le distanze da questi squadristi. Ci appelliamo anche al sindaco Alemanno".

COMUNITA' EBRAICA DI ROMA
Riccardo Pacifici: "La nostra era una manifestazione pacifica (quella per Gilad Shalit, ndr) che si è conclusa in modo poco piacevole. Da ciò che ci risulta c'è stata una manifestazione non autorizzata, su cui però non entriamo nel merito. Chi sono i provocatori? Noi ebrei non siamo più buoni degli altri. E' successo che i cittadini romani di religione ebraica tornavano dal Colosseo, dalla manifestazione. Erano famiglie, bambini, donne e uomini. E davanti al Campidoglio siamo stati insultati. Qualcuno ha reagito: noi deprechiamo ogni tipo di violenza, ma non sono qui a fare il censore di nessuno, ognuno risponderà delle proprie azioni. Anzi, siamo noi a chiedere maggiori approfondimenti nelle indagini. Le forze dell'ordine erano presenti per difendere da eventuali attacchi i manifestanti e hanno evitato che la situazione potesse degenerare. Siamo stanchi di stare in una situazione che ci vede in uno stato di polizia h24. Le lezioni del passato sembra non siano finite e ogni volta che qualcuno si deve sfogare in merito ai fatti del Medio Oriente va al Portico d'Ottavia per rendere conto di questo agli ebrei di Roma. Non ho visto a Roma cose del genere fatte a piazza Vittorio contro, ad esempio, i cinesi, per i crimini commessi nella loro patria. Non abbiamo nulla di cui scusarci. sarà la polizia a dire se dovremmo farlo". Nel corso della conferenza stampa prende la parola Roberto Di Veroli, testimone dei fatti: "Erano le 23.30 quando ero in motorino per tornare a casa. Ho visto del movimento in Campidoglio. Stavano inveendo contro gli ebrei del Ghetto. Tutti urlavano contro di noi e io gli ho risposto: 'sporchi antisemiti'. Loro hanno iniziato a urlare: 'assassini, assassini'. Erano facinorosi". La testimonianza di Stefania: "Ero assieme a mia figlia. Stavo tornando dalla manifestazione. Avevo parcheggiato la macchina nei pressi di Portico d'Ottavia e siamo andate lì a piedi. Ci siamo sentite dire: 'assassini di merda'. Ci siamo girate e abbiamo visto che avevano i caschi, catene e spranghe. Ho detto a mia figlia di star calma. Abbiamo allungato il passo, ci siamo dirette verso i vicoli e siamo entrate in macchina". La testimonianza di Daniela Della Seta: "Stavo camminando su via Arenula e ho sentito tanta confusione e gente che urlava 'tornatevene al Ghetto'. L'aria era brutta. Mi hanno circondata e sono caduta per terra. Mi hanno dato calci. Non mi sono sentita di reagire".

giovedì 24 giugno 2010

Le grida di Noam Shalit

La comunità europea e quella internazionale devono far pressione su Hamas perché liberi il soldato israeliano Gilad Shalit, prigioniero da quattro anni a Gaza. L'appello arriva dal padre di Shalit, Noam, che ieri sera è intervenuto al Colosseo nel corso della manifestazione organizzata dalle associazioni ebraiche (Benè Berith Giovani e Unione giovani ebrei italiani) per chiedere il rilascio del soldato, tra l'altro cittadino europeo (francese) e cittadino onorario di Roma. «Io chiedo ed esigo - ha sottolineato Noam Shalit - che la Comunità Internazionale, e in particolare la Comunità Europea, che ha saputo fare pressione sul governo israeliano per compiere dei passi di carattere umanitario nei confronti dei palestinesi di Gaza, possa compiere, con tutti i mezzi a sua disposizione, altrettanta pressione sui leader di Hamas per compiere un piccolo passo umanitario nei confronti di un suo cittadino, Gilad, la cui liberazione porterebbe al rilascio di centinaia di detenuti palestinesi». «Anche il nostro tentativo di far recapitare a Gilad una nostra lettera attraverso la flottiglia di pacifisti, tre settimane fa, è fallito - ha ricordato - a causa del rifiuto da parte della stessa organizzazione umanitaria che aveva organizzato la flottiglia». «Chi pretende che siano rispettati i propri diritti, ha il dovere - ha spiegato Noam Shalit - di rispettare i diritti degli altri, e non può continuare a ignorare il diritto internazionale e i diritti umani più basilari». Shalit ha poi ricordato l'odissea del figlio e i tentativi fatti per liberarlo: «Da quattro anni è tenuto in isolamento, senza nessun contatto esterno, può vedere solo i suoi rapitori. Sono quattro anni che alla Croce Rossa Internazionale (CICR), o a qualsiasi altra organizzazione umanitaria, è precluso di stabilire un contatto con Gilad, nonostante l'attuale attività delle organizzazioni umanitarie nella Striscia di Gaza. Da quattro anni Hamas viola e ignora la III Convenzione di Ginevra. Tiene prigioniero Gilad come un ostaggio per ricattare Israele; è una grave violazione del diritto internazionale e un grave crimine di guerra ai sensi dell'articolo 8 dello Statuto di Roma». E subito dopo ha rammentato la mozione adottata a maggioranza nello scorso mese dal Parlamento europeo a Strasburgo per la liberazione del figlio, così come l'invito della Commissione Goldstone dell'Onu ed anche l'iniziativa del mediatore tedesco per uno scambio di detenuti in base al quale Israele avrebbe rilasciato mille prigionieri per il rilascio di Gilad Shalit. «Purtroppo ancora oggi Hamas - ha gridato - continua a ignorare il diritto e le convenzioni internazionali e ignora anche gli appelli del Consiglio per i diritti umani dell'Onu e del Parlamento europeo per la liberazione di Gilad. Inoltre Hamas non è disposta ad accettare la generosa proposta tedesca per uno scambio di detenuti, proposta che Hamas stesso aveva collaborato a formulare». «Sono ormai 4 lunghi anni che nostro figlio Gilad, un giovane in carne e ossa, oggi ventiquattrenne, rivolge a noi il suo muto urlo, dai bui scantinati di Hamas, privi di sole e di vita. Un urlo muto - ha concluso - ma che riecheggia e chiede una cosa soltanto: restituitemi la mia libertà, la libertà scippatami 4 anni fa. Io sono qui oggi a Roma, capitale d'Italia, una delle città principali, più antiche e importanti d'Europa e del mondo civile in generale, e faccio appello alla Comunità Internazionale e alla Comunità Europea in particolare: non dimenticate Gilad, cittadino europeo e cittadino onorario di Roma. Non dimenticatelo, cos come Roma non lo dimentica».

Al Colosseo l'Inno d'Italia sotto le bandiere di Israele

In 5 mila al Colosseo per Gilad Shalit libero


«Roma per Shalit». È scritto così accanto alla grande foto di Gilad Shalit posizionata sul palco proprio ai piedi del Colosseo. Shalit è il soldato israeliano che il 24 giugno di 4 anni fa è stato fatto prigioniero dai terroristi di Hamas e che ancora oggi è sequestrato e tenuto in ostaggio. Roma, le sue istituzioni e la Comunità ebraica si sono strette questa sera intorno a Shalit e alla sua famiglia, con in testa il padre Noam. Tanta gente, gli organizzatori hanno parlato di 5mila persone, è accorsa questa sera sotto il Colosseo per chiedere la liberazione di Shalit. Bandiere con la stella di David e musiche israeliane hanno riempito il piazzale tra l'Arco di Costantino e l'Anfiteatro Flavio che alle 11 in punto è rimasto completamente al buio. Alla manifestazione hanno partecipato il Sindaco di Roma, Gianni Alemanno, il presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, quello della provincia di Roma, Nicola Zingaretti, il rabbino capo, Riccardo Di segni, il presidente della comunità ebraica, Riccardo Pacifici, il presidente dei giovani ebrei italiani, Giuseppe Piperno, il presidente del Benè Berith Giovani, Angelo Moscati, il ministro Andrea Ronchi, il presidente dell'Udc, Lorenzo Cesa e i bambini della scuola Polacco. Una serata per combattere l'indifferenza. Sullo schermo sono state trasmesse le immagini di un video di Shalit girato dalla prigionia. «L'affetto che Roma prova per Gilad è grande», ha detto Piperno. Gilad Shalit è stato poi proclamato presidente onorario del Benè Berith Giovani. Il sinadaco Alemanno ha detto: «Due anni fa si è avverato il sogno di dichiararlo cittadino onorario della Capitale, è un segnale profondo da un punto di vista politico e un modo per rendere più giusta questa città. Da quando la sua immagine è in Campidoglio i pacifisti a senso unico stanno lontani come gli ipocriti. Perché se non si rispettano giustizia e verità e tutti i popoli non si è degni di parlare di pace. Gilad ha il diritto di essere libero. Rappresenta la lotta quotidiana per la libertà e fino a quando Gilad non sarà libero non saremo degni di essere liberi. Fino a quando Israele sarà minacciato tutto l'Occidente sarà minacciato. Siamo con Gilad perchè siamo per la libertà di tutto il mondo». Prima del sindaco aveva parlato Di Segni: «Un prigioniero politico non è differente dagli altri ed è ora di farla finita con questa storia». Mentre Zingaretti ha affermato: «Siamo qui per lanciare un messaggio forte: nessuno faccia finta di sapere e di non vedere e soprattutto nessuno faccia finta di dimenticare Shalit. Si può dire di tutto sulle vicende di Gaza ma questa è chiarissima: Gilad non è un prigioniero di guerra ma un atto di terrorismo. Siamo qui per un ragazzo che è vittima di una vicenda barbarica. Gilad è un ragazzo che non c'entra nulla». A salire sul palco è stato anche il padre del ragazzo in mano di Hamas che ringraziando le istituzioni italiane e romane ha detto: «come da 4 anni Hamas viola le convenzioni di Ginevra e lo Statuto di Roma». Polverini ha detto invece che «siamo qui perchè vogliamo manifestare tutto il nostro affetto ai genitori per quello che questo atto di terrorismo gli sta facendo. Sono qui perchè sono cittadina di Roma e sono orgogliosa che Gilad ne è diventato un cittadino onorario».

Frattini a Noam Shalit: Hamas si conferma terrorista


Il governo italiano esprime «pieno e convinto sostegno» per la liberazione del caporale israeliano Gilad Shalit. Lo ha detto il ministro degli Esteri, Franco Frattini, nel corso di un incontro alla Farnesina con Noam Shalit, padre del giovane soldato, prigioniero di Hamas a Gaza da quattro anni. «Credo che il rapimento e la detenzione (di Shalit, ndr) sia contro ogni regola internazionale, dimostri la natura terroristica di Hamas e confermi perché i paesi dell'Ue non possono considerarlo un interlocutore politico», ha dichiarato Frattini ai giornalisti. Il ministro ha quindi sottolineato come l'Italia «debba lavorare con quelli che possono esercitare pressioni su Hamas» perché accetti la proposta di scambio di prigionieri con lo Stato ebraico. Frattini ha concluso
auspicando che «la pressione» del governo italiano su Israele per «attenuare» il blocco di Gaza trovi corrispondenza nella liberazione di Shalit.

Noam Shalit: Roma non dimentica mio figlio


Riporto un articolo dell'Ansa sulle iniziative di oggi in aiuto di Gilad Shalit.

Le luci del Colosseo, il monumento simbolo di Roma, questa sera alle 23, alla mezzanotte israeliana, si spegneranno per chiedere l'immediata liberazione di Gilad Shalit, il soldato israeliano catturato quando aveva 19 anni il 25 giugno del 2006 al confine con la striscia di Gaza. Domani ricorre il quarto anniversario dal rapimento. Luci spente anche per il Castello Sforzesco, a Milano, e per la Mole Antonelliana, a Torino. Per partecipare all'iniziativa il padre di Gilad è arrivato ieri a Roma e ha incontrato privatamente, in Campidoglio, il sindaco di Roma Gianni Alemanno. All'iniziativa, promossa dai movimenti giovanili Benè Birth Giovani e l'Unione Giovani Ebrei Italiani (Ugei), parteciperanno Alemanno, il presidente della Regione Lazio Renata Polverini, il presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti e il presidente della comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici. Il giovane soldato, la cui immagine campeggia sulla facciata del Campidoglio per chiederne la liberazione, è cittadino onorario dal 20 dicembre del 2008. «Apprezzo veramente - ha detto il padre di Gilad Shalit -
quello che sta facendo la città di Roma, che Roma non dimentichi mio figlio e che si parli di lui. Mio figlio da 4 anni viene detenuto a fini di estorsione e questo rappresenta una violazione internazionale oltre che un crimine di guerra». «La giornata di oggi - ha sottolineato Alemanno - non può essere dimenticata. È purtroppo il quarto anniversario dal rapimento di Gilad e il Colosseo è il simbolo importante e potente da usare ogni qual volta vengono violati i diritti dell'uomo. Dopo 4 anni non si può più parlare di rapimento ma di sequestro».

Lancio di pietre contro gli ebrei tedeschi

Un gruppo di giovani musulmani ha attaccato in Germania i membri di un corpo di ballo ebraico lanciando pietre contro di loro durante una performance domenica scorsa ad Hannover (Bassa Sassonia, Nord): l'episodio, riporta il quotidiano Berliner Morgenpost, è stato condannato duramente della comunità ebraica tedesca, che ha espresso particolare sorpresa per la giovane età degli aggressori, alcuni dei quali avevano appena 10 anni. Il ministro regionale per l'integrazione, Ayguel Oezkan, si è detto «profondamente scioccato» dall'aggressione, che ha preso di mira il gruppo 'Chaverim' ('Amicì in ebraico). Da parte sua, la presidente del Consiglio centrale degli ebrei tedeschi, Charlotte Knoblauch, ha commentato che l'episodio segna «una nuova provocazione sociale, che già nelle scorse settimane era chiaramente visibile come non lo era mai stata prima». Ma soprattutto, ha aggiunto la Knoblauch al quotidiano Die
Welt, «ciò che mi fa soffrire in modo particolare è vedere che i pregiudizi antisemitici si manifestano già in modo così violento tra bambini e adolescenti». I giovani, tra 10 e 15 anni di età, di origini libanesi, iraniane e palestinesi, erano in tutto una trentina e gridavano 'fuori gli ebreì, secondo il Berliner Morgenpost. Il sindaco di Hannover, Stephan Weil, ha definito l'aggressione «inaccettabile, spiegando che finora nulla fa pensare a un attacco premeditato o preparato da un'organizzazione».

Alemanno: stasera spengo il Colosseo per Shalit


Colosseo a luci spente, questa sera, per chiedere la liberazione del cittadino onorario di Roma Gilad Shalit. L'iniziativa è promossa dall'Unione giovani ebrei d'Italia e dall'associazione Benè Berith Giovani ed è stata preceduta, questa mattina in Campidoglio, dall'incontro del sindaco Gianni Alemanno con il padre di Gilad, Noam Shalit. «Sono stato molto contento di accettare la richiesta di spegnere le luci del Colosseo nel giorno del quarto anniversario della prigionia di Gilad - ha detto Alemanno - è importante che un simbolo come il Colosseo sia utilizzato per mandare un segnale contro questo gravissimo abuso nei confronti di un nostro cittadino onorario». E se Alemanno ha detto che «per Gilad non si può più parlare di rapimento ma di sequestro», il padre del soldato rapito da Hamas ha sottolineato che suo figlio «vive in completo isolamento da 4 anni mentre i leader di Hamas stanno ignorando tutte le convenzioni internazionali».

mercoledì 23 giugno 2010

La Flotilla salpa per Shalit


Si chiama la True Freedom Flotilla, la vera flottiglia della libertà, quella che a mezzogiorno di domani (ora locale) partirà da Manhattan per chiedere la liberazione del caporale israeliano Gilad Shalit, rapito il 25 giugno del 2006 da Hamas nella Striscia di Gaza. Alla spedizione parteciperanno almeno quattro barche a vela, di cui due trasporteranno 500 persone ciascuna, come spiega la Conferenza dei Presidenti delle principali organizzazioni di ebrei americani che ha sponsorizzato l'evento. L'idea è venuta al direttore della Conferenza, Malcolm Hoenlein, come spiegano gli organizzatori. Le barche passeranno davanti alla Statua della Libertà e alla sede delle Nazioni Unite, prima di fare ritorno al Pier 40 verso le 14, ora locale. Obiettivo della flottiglia è quello di «ricordare all'organismo internazionale e al mondo intero qual è il reale assedio a Gaza e lanciare un appello per il rilascio di Gilad Shalit», spiegano gli organizzatori della conferenza, ricordando come il caporale israeliano sia rimasto per quattro anni in totale isolamento senza poter ricevere una visita dalla Croce rossa internazionale o da altri organismi umanitari, contrariamente a quanto prevede la Convenzione di Ginevra. Dalla sua cattura, Hamas ha rilasciato solo due prove che Shalit è ancora in vita, ovvero un messaggio vocale registrato due anni fa e un video diffuso lo scorso ottobre. Hamas ha anche rifiutato l'offerta di Israele di rilasciare un migliaio di prigionieri in cambio della liberazione di Shalit.

lunedì 21 giugno 2010

Ex capo Mossad: Israele attacchi subito Iran


Israele dovrebbe lanciare un raid preventivo contro le installazioni nucleari dell'Iran per prevenire che Teheran si doti della bomba atomica. Lo ha sottolineato l'ex capo del Mossad, Shabtai Shavit, durante una conferenza all'Università Bar Ilan, vicino Tel Aviv. «Sono dell'opinione che, considerato il livello della minaccia e l'intenzione del nemico di annientarci, la strategia più corretta sia quella della prevenzione e non della rappresaglia», ha affermato Shavit. «Utilizzare la rappresaglia come principale strategia - ha aggiunto - significa sedersi oziosamente e attendere finchè il nemico non vorrà ad attaccarti».
L'Occidente sospetta che il programma nucleare dell'Iran sia finalizzato alla costruzione della bomba atomica. Israele è stato uno dei Paesi sostenitori delle sanzioni inflitte alcune settimane fa contro Teheran dal Consiglio di Sicurezza Onu.

Il Colosseo al buio per Gilad Shalith


Giovedì prossimo alla mezzanotte israeliana - le 23 in Italia - le luci del Colosseo saranno spente per chiedere l'immediata liberazione di Gilad Shalit, il soldato israeliano prigioniero di Hamas, rapito il 25 giugno 2006. Lo comunicano, in una nota, il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, e il presidente della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici. La manifestazione, alla quale sarà presente il padre di Gilad Shalit, è promossa dalle associazioni giovanili Benè Berith Giovani e Ugei (Unione Giovani Ebrei Italiani) per un loro coetaneo. «All'evento sono invitati tutti i cittadini - spiegano Alemanno e Pacifici -. L'obiettivo è quello di unire le forze e sensibilizzare l'opinione pubblica per riportare Gilad a casa, nonchè per rilanciare il processo di pace in Medio Oriente». L'appuntamento è per le 21:30, ingresso dall'Arco di Costantino.

domenica 20 giugno 2010

I 6 mila ebrei di Francisco Franco


Il regime del dittatore spagnolo Francisco Franco stilò nel 1941 una lista dei 6.000 ebrei che vivevano in Spagna e la consegnò al regime nazista tedesco corredata da informazioni dettagliate su di loro, secondo quanto scrive oggi il giornale El Pais. Una circolare fu inviata il 13 maggio 1941 dal regime franchista a tutte le autorità provinciali per chiedere informazioni complete sugli «israeliti nazionali o stranieri» residenti in Spagna. I funzionari dovevano specificare convinzioni politiche, stile di vita e «grado di pericolosità» di queste persone, secondo un estratto del documento pubblicato da El Pais. «Il compito è urgente. Occorre proteggere il Nuovo Stato (franchista, ndr) dalle possibili azioni nefaste di questi individui che sono pericolosi», è scritto nella nota. L'iniziativa ha consentito di censire 6.000 ebrei in Spagna e il regime franchista «ha dato le informazioni ai rappresentanti tedeschi dell'ambasciata a Madrid».

venerdì 18 giugno 2010

Municipio XV, ecco le modifiche alla mozione anti Israele




Le tre immagini qui sopra sono la conclusione della vicenda di cui ci siamo occupati negli ultimi post. E' il testo finale della mozione approvata al Municipio XV: gli emendamenti, scritti a penna, sopprimono la richiesta di boicottaggio dei prodotti israeliani e il ritiro delle sedi diplomatiche italiane da Israele. Resta, invece, la condanna politica al blitz dei soldati sulle navi della Freedom Flotilla del 31 maggio scorso.
Dopo gli articoli pubblicati sul quotidiano Il Tempo, nei quali è stato reso noto il contenuto del documento depositato da quattro consiglieri municipali di centrosinistra, i cittadini del Municipio XV avevano alzato la protesta. Anche la politica, dai parlamentari agli assessori comunali, aveva condannato la richiesta di boicottaggio contenuta nella mozione. Il polverone ha così costretto il presidente del Municipio XV, Gianni Paris, a convocare ieri pomeriggio il Consiglio per modificare il documento.

Romani contro il boicottaggio di Israele


Roma si ribella alle scelte dei consiglieri del Municipio XV. Dai semplici cittadini fino agli assessori in Campidoglio si è alzato il coro: «No al boicottaggio dei prodotti israeliani». Un’iniziativa che è sembrata risorgere da un lugubre passato. Nella città dove è presente la più antica comunità ebraica della Diaspora, un manipolo di politici di quartiere ha cercato consensi attaccando Israele. Dimenticandosi dei problemi della città.
La polemica nasce quando quattro consiglieri del Municipio XV, presieduto da Gianni Paris del Pd (nella foto, ndr), depositano una mozione nella quale chiedono al governo italiano di boicottare i prodotti dello Stato ebraico e di ritirare le sedi diplomatiche. Le firme sono di Alfredo Toppi (Sinistra arcobaleno), Alessio Conti (Lista civica Rutelli), Valentino Stassi (Idv) e Gaetano Cellamare (Pd). Dei quattro solo Cellamare precisa: «Ho appreso solo leggendo Il Tempo (nell’edizione di ieri, ndr) che la mozione era diventata uno strumento per attaccare il governo israeliano e per ostacolare le attività commerciali di chi lavora onestamente nel nostro Paese. Mi dissocio completamente». Alla fine, solo in tarda serata grazie alle proteste di cittadini e politici, il Consiglio del Municipio XV decide di presentare gli emendamenti che, di fatto, cancellano la proposta di boicottaggio senza però intaccare la condanna a Israele per il blitz del 31 maggio sulla Freedom Flotilla.
Soddisfatto il presidente della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici: «Ringrazio il presidente Paris che ha avuto la sensibilità di comprendere che l’ordine del giorno era sproporzionato di fronte alla gravità degli eventi, che hanno visto gli stessi firmatari del testo molto distratti, quando nazioni come l’Iran hanno compiuto massacri senza la loro mobilitazione. Voglio ringraziare inoltre - ha detto Pacifici - i cittadini del XV e l’opposizione per l’impegno dimostrato».
Il documento originale, comunque, aveva scatenato un polverone. Per le strade della Capitale era salita la protesta. Piergiorgio Benvenuti, il primo a denunciare il gesto dei consiglieri, ha organizzato una raccolta firme al Circolo Pdl Marconi per chiedere il ritiro della mozione anti-Israele. L’adesione è stata in massa: «In meno di due ore - ha detto Benvenuti - abbiamo raccolto quasi 800 firme. Tra i commercianti del XV c’è stata tanta rabbia».
Per tutta la giornata, alle proteste dei cittadini si è unito lo sdegno della politica. Dal Campidoglio il presidente della commissione Politiche sociali, Giordano Tredicine (Pdl), ha ritenuto «inammissibile la richiesta di boicottaggio dei prodotti israeliani. Credo che il XV Municipio dovrebbe interessarsi ai problemi legati al proprio territorio. In questo momento delicato la città di Roma dovrebbe promuovere iniziative pacifiche e non una mozione che sembra un embargo». Della stessa opinione Giampiero Cioffredi e Carla Di Veroli, membri della direzione del Pd a Roma.
La notizia è rimbalzata in Parlamento. Alla Camera, il deputato Marco Marsilio ha parlato di mozione «indecente che dimostra come i pregiudizi antisemiti si stiano facendo strada nella sinistra italiana sotto le mentite spoglie della critica politica allo Stato e al governo israeliano. Esprimo solidarietà alla Comunità ebraica romana». Da Palazzo Madama, invece, il senatore Stefano De Lillo ha criticato e stigmatizzato annunciando per «la prossima settimana una spesa simbolica nel ghetto ebraico con i giovani del Pdl e del Pri, e alla quale inviteremo anche quei consiglieri del XV Municipio, così potranno gustare con noi i prodotti tipici di una tradizione antichissima». Ha protestato anche Vito Kahlun dei Repubblicani: «È un atto di discriminazione. In un quartiere ad altissima presenza ebraica si rischia di dar vita a un’emarginazione di molti commercianti ebrei che come spesso accade vengono identificati con Israele. Chi non riesce a immaginare quali conseguenze possano avere posizioni simili, è meglio che vada a zappare la terra».

giovedì 17 giugno 2010

Il Municipio XV vuole boicottare Israele



Sta per arrivare sul tavolo del Consiglio del Municipio XV una mozione anti Israele. È una condanna al blitz dell’esercito israeliano, del 31 maggio scorso, sulle navi della Freedom Flotilla e una richiesta di boicottaggio dei prodotti importati dallo stato ebraico. L’oggetto del documento parla chiaro: «Condanna all’assalto di Israele contro le navi pacifiste».
Nel testo è richiesto l’impegno del presidente del consiglio municipale a trasmettere tale mozione al premier italiano, ai gruppi politici di Camera e Senato, al Governatore del Lazio, al presidente della Provincia e al sindaco Alemanno. Nella mozione si chiede al governo «di farsi promotore di una vibrata protesta e condanna nei confronti del governo israeliano, arrivando fino al boicottaggio dei prodotti di quel Paese e al nostro ritiro delle sedi diplomotiche». La mozione, nel Municipio del presidente Gianni Paris (Pd), è firmata dai consiglieri Alfredo Toppi (Sinistra Arcobaleno), Alessio Conti (Lista Civica per Rutelli), Gaetano Cellamare (Pd) e Valentino Stassi (Idv). In attesa di conoscere le reazioni degli organi chiamati in causa e della Comunità ebraica di Roma, scende in campo il dirigente romano del Pdl, Piergiorgio Benvenuti. L’ex capogruppo di An alla Provincia annuncia una raccolta firme tra i commercianti di viale Marconi per protestare contro il boicottaggio di Israele.

mercoledì 16 giugno 2010

Il deputato Cazzola minacciato per aver difeso Israele


Minacce a Giuliano Cazzola, deputato del Pdl, attraverso una lettera anonima inviata alla Camera. Lo rende noto lo stesso Cazzola in una nota. Il testo era del seguente tenore, spiega Cazzola: "Dalle tue dichiarazioni una cosa s'è capita. Sei un infame, amico degli ebrei e come loro devi bruciare nel sacro fuoco
dei forni. Cane rognoso". Cazzola, prosegue la nota, "ritiene che a determinare queste ingiurie siano state alcune sue dichiarazioni rilasciate nei giorni scorsi in occasione delle vicende del naviglio dei sedicenti pacifisti. Per nulla intimidito, Cazzola ribadisce, pertanto, i suoi sentimenti di comprensione, solidarietà ed amicizia per lo Stato di Israele".

L'ebrea tedesca che vince l'antisemitismo a colpi di spray

Ha girato gran parte dell'Europa ed è arrivata persino in Madagascar. Tutto per la missione a cui ha dedicato gli ultimi 24 anni della sua vita: cancellare ogni scritta antisemita che le capiti davanti, a Berlino e nel resto della Germania, ma anche in Polonia, Belgio, Lussemburgo, Francia e nell'aeroporto della più grande isola africana. Irmela Mensah-Schramm, una donna tedesca di 64 anni la cui storia è apparsa sul sito del quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth, ha cominciato questa inusuale battaglia nel 1986, indignata da una scritta inneggiante al nazista Rudolf Hoess letta ad un capolinea degli autobus. Oggi Mensah-Schramm setaccia i quartieri di Berlino armata di bombolette spray, acetone ed attrezzi per staccare gli adesivi, arrivando spesso prima della polizia che lei stessa avverte ogni volta che trova un graffito contro gli Ebrei. Lavora sola, pagandosi tutte le spese con la pensione ed i risparmi del suo lavoro di insegnante. E quando non ce la fa, chiede aiuto ad un'associazione berlinese.

Ucei e Criminalpol contro la discriminazione on line


«Accogliamo con favore la costituzione di un ufficio centrale dedicato alle minoranze presso la Criminalpol». Lo afferma all'Ansa Renzo Gattegna, presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (Ucei), in merito all'iniziativa annunciata dal capo della polizia Antonio Manganelli, spiegando che il nuovo organismo opererà anche con «un commissariato on line, composto da esperti, che seguirà l'evoluzione del pregiudizio e della discriminazione su
internet».
L'ufficio per la tutela delle minoranze è «una struttura da noi auspicata - dice Gattegna - utile a garantire il monitoraggio e la prevenzione delle diverse forme di discriminazione, pregiudizio, razzismo e antisemitismo». Inoltre, rappresenta «la proficua conclusione di un iter di colloqui e contatti - afferma il presidente dell'Ucei - che da tempo intratteniamo con tutti gli organi responsabili della sicurezza sul territorio il cui lavoro, che ha prodotto apprezzabili risultati, viene ulteriormente rafforzato». Di particolare importanza, per Gattegna, il fatto che, tra i compiti del nuovo organismo, ci sia anche quella di essere
presente nel mondo virtuale del web. «Abbiamo fatto presente - spiega Gattegna - la mole enorme di messaggi via internet in cui
si concretizzavano veri e propri reati, come l'incitazioni all'odio razziale e religioso: negli ultimi anni l'incremento è stato fortissimo. E purtroppo questo mezzo fa presa soprattutto sui giovani. Mentre sulla carta stampata, su radio e tv è relativamente facile intervenire, su internet la chiusura di un sito non garantisce che questo riaperto dall'estero e la lotta è impari».

lunedì 14 giugno 2010

Il boicottaggio contagia Israele. Via la Turchia dagli scaffali dei market


Il deterioramento dei rapporti tra Turchia e Israele approda sugli scaffali dei supermercati di Gerusalemme e Tel Aviv. È da qui, infatti, che è partita una campagna per il boicottaggio dei prodotti made in Turchia. Diverse catene alimentari hanno annunciato che non lavoreranno più con i fornitori turchi. Tra questi vi sono Blue Square, Mega e Mega Bul stores, che importano farina e pasta dalla Turchia per i prodotti venduti con il loro marchio. «La catena Mega ha ascoltato la voce della gente e ha deciso di interrompere l'importazione di farina e pasta che venivano prodotti in Turchia (e rivenduti in Israele, ndr) con il proprio marchio, e sta cercando un'alternativa», ha annunciato 'Blue Squarè. Rami Levy, proprietario dell'ominima catena di supermarket, ha deciso di interrompere qualsiasi rapporto commerciale con Ankara perché, «per ragioni ideologiche e di coscienza, è inaccettabile per noi non fare niente quando i turchi si comportano in questo modo. È il minimo che possiamo fare». Levy, che con il suo marchio importava prodotti dalla Turchia, dice ora di «poter facilmente importare piatti dalla Cina, pasta dall'Italia e troveremo qualcun altro da cui importare ketchup».

Israele, sì all'inchiesta sul Blitz. E il mondo spinge per allentare il blocco a Gaza

Il governo israeliano ha approvato all'unanimità la commissione d'inchiesta pubblica e indipendente sul blitz condotto dalla Marina militare contro la Freedom Flotilla il 31 maggio e culminato con l'uccisione di nove attivisti turchi pro-palestinesi. Parlando ai ministri in apertura di seduta, il primo ministro Benjamin Netanyahu aveva detto di essere «convinto che l'esposizione dei fatti dimostrerà che la nostra intenzione era quella di condurre un'operazione di difesa in base agli standard più elevati». Il premier ha detto che l'indagine «renderà chiaro al mondo che Israele ha agito legalmente, in modo responsabile e completamente trasparente».
Gli Stati Uniti hanno accolto favorevolmente il varo della commissione d'inchiesta. «Israele ha un sistema di giustizia militare in linea con gli standard internazionali ed è in grado di condurre un'indagine seria e credibile», ha detto la Casa Bianca in un comunicato. Nel testo si legge anche l'impegno dell'Amministrazione Obama a non giudicare il risultato dell'inchiesta, ma anche l'attesa che Israele lo renda pubblico. «Mentre a Israele deve essere offerto il tempo (necessario, ndr) per completare il processo (di indagine, ndr), noi ci aspettiamo che la commissione di Israele e l'indagine militare siano portate avanti quanto prima. Ci aspettiamo anche che, al suo termine, i risultati d'indagine saranno presentati pubblicamente e alla comunità internazionale».
E intanto dalla Gran Bretagna Tony Blair fa sapere che c'è «un impegno di principio di Israele» per passare da un lista di prodotti consentiti ad una lista di prodotti vietati a Gaza. Il rappresentante del Quartetto per il Medio Oriente spiega: Lasciare le armi fuori e consentire i beni necessari alla popolazione di Gaza è il principio su cui si basa la nuova lista, che consentirebbe così un allentamento del blocco.
Sull'allentamento del blocco a Gaza è intervenuto anche il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini: «Israele credo stia comprendendo che il blocco di Gaza non giova neanche a Israele stesso», ha detto al suo arrivo a Lussemburgo per il Consiglio affari esteri dell'Ue il ministro, secondo il quale «la soluzione da suggerire dovrà essere quella di sostituire la lista dei prodotti e dei beni consentiti con una lista dei prodotti vietati». In sostanza, ha spiegato il titolare della Farnesina, bisognerà «invertire il principio, per cui sarà consentito tutto ciò che non è espressamente vietato, mentre oggi la regola, purtroppo, è il contrario». «Questa è la soluzione che noi auspichiamo oggi», ha sottolineato ancora il ministro che, quanto alla possibile apertura di due valichi nella Striscia di Gaza, ha detto di «auspicarla». «L'Italia e l'Europa sono disponibili a contribuire», ha assicurato Frattini, per il quale ci sono «due opzioni: una è che Hamas accetti di dare nelle mani dell'Autorità nazionale palestinese, quindi del presidente Abu Mazen, il controllo interno, la seconda è che sia data all'Unrwa (l'agenzia dell'Onu per i rifugiati) diretta da Filippo Grandi la responsabilità della presa in consegna immediata» dei beni, «altrimenti non ne usciamo». Quanto all'ipotesi di una missione per controllare i valichi, il titolare della Farnesina ha detto che ci potrà essere «a condizione che all'interno di Gaza non ci sia Hamas come interlocutore».

venerdì 11 giugno 2010

Arrestato esponente di Militia. Rubò una divisa militare israeliana


Uno dei maggiori esponenti dell'organizzazione di estrema destra Militia è stato arrestato dai carabinieri del Ros di Roma. E' l'estremista Stefano Schiavulli, ritenuto responsabile della "ricettazione" di una divisa militare dell'Esercito israeliano, risultata provento di rapina - con finalità di discriminazione e di odio razziale e religioso nei confronti dello Stato di Israele - effettuata a Roma, in Corso Trieste, il 17 luglio 2009 da esponenti dell'organizzazione ai danni di un giovane militante di sinistra. Sequestrata anche la «palestra popolare» dove gli esponenti del movimento Militia sono soliti riunirsi.

giovedì 10 giugno 2010

Pacifici dai soldati feriti: "Ecco la loro verità".


Riccardo Pacifici invita a Roma i soldati israeliani feriti. Il presidente della Comunità ebraica lo annuncia da Israele (dove è stato in missione fino a ieri con il Governatore Renata Polverini). Lo fa davanti ai letti che ospitano i militari attaccati dai pacifisti della Freedom Fotilla. Li ha trovati "increduli": "Non capiscono come sia possibile che la stampa internazionale abbia riportato in certi termini l'operazione sulla nave", spiega Pacifici che racconta anche le condizioni dei soldati: "Al primo hanno spezzato l'avambraccio destro. Mi ha detto di esser stato colpito con una coltellata dietro l'orecchio. Li hanno bastonati e si sono ritrovati senza i loro fucili antisommossa. Ha raccontato di essere stato accolto da gente molto inferocita. Al secondo - riporta il presidente Cer - hanno sparato all'addome e ancora non è fuori pericolo". Pacifici ha anche annunciato che la Comunità romana inoltrerà una protesta formale alla Reuters per aver manipolato alcune foto in cui i pacifisti sono immortalati con i coltelli in mano (l'agenzia di stampa inglese ha ritoccato le foto, facendo sparire l'arma).

C'è la crisi. Tutti in Israele


La crisi economica internazionale sta spingendo sempre più cittadini europei e statunitensi ad abbandonare i loro Paesi per
stabilirsi in Israele. Sia le organizzazioni che incoraggiano l'immigrazione ebraica, come "Nefesh B'Nefesh", sia la "Jewish Agency" del governo, hanno riscontrato nell'ultimo anno un aumento dell'aliyah, la migrazione degli ebrei verso Israele. Particolarmente interessata da questo fenomeno è la Gran Bretagna, con un 30% in più di partenze rispetto allo scorso anno. "C'è un
gran numero di individui che si laureano, cercano e trovano lavoro in Israele e giovani famiglie che cercano uno stile di vita più economico", ha spiegato Danny Oberman, direttore di "Nefesh B'Nefesh", notando che "è la prima volta che l'economia israeliana è in condizioni migliori di quella di Nordamerica e Regno Unito". Eric Gould, economista della Hebrew University di Gerusalemme, ha notato come anche i genitori nordamericani che vogliono dare ai figli un'educazione ebraica siano molto interessati all'aliyah, considerato l'alto costo delle scuole religiose negli Usa. Per incoraggiare la tendenza, sono previsti anche programmi specifici. «Abbiamo istituito un dipartimento per le giovani famiglie, che le aiuti a trovare in Israele quartieri con scuole che vadano incontro alle loro esigenze», ha ricordato Oberman. La "Jewish Agency", da parte sua, si è rivolta ai giovani di 40 college americani invitandoli a fare aliyah una volta laureati. Anche la legislazione israeliana è molto favorevole verso i nuovi immigrati, che per 10 anni dal loro arrivo non devono pagare tasse grazie ad un'apposita riforma fiscale.

Una nave di ebrei tedeschi per sfondare il blocco di Gaza

Una nave di ebrei carica di aiuti soprattutto per i bambini palestinesi di Gaza. È l'iniziativa, che sta già suscitando clamore in Germania, di alcuni ebrei tedeschi che da anni si oppongono al blocco di Gaza. A guidarli è Edith Lutz, che già nel 2008 era a bordo di una nave dell'organizzazione Free Gaza. Adesso annuncia che a luglio salperà una nave, già ancorata in un porto mediterraneo, con 15-16 attivisti ebrei. In massima parte appartengono all'organizzazione ebraica tedesca «Voci ebraiche per una pace giusta in Medi Oriente». A bordo della nave, spiega Lutz, soprattutto doni di bambini tedeschi, come cartelle piene di materiale scolastiche, giocattoli, strumenti musicali e anche abiti, cose che di solito non vengono fatte passare dagli israeliani.
L'attivista sottolinea che da tempo sta cercando di convincere le autorità israeliane a lasciala passare, attraverso anzitutto l'ambasciata dello Stato di Israele a Berlino. «Non sappiamo se ci
lasceranno passare - ha detto all'emittente radiofonica Deutschlandfunk - in una prima risposta l'ambasciata ci ha detto che non possono aiutarci. Io però ho replicato che noi non abbiamo bisogno di alcun aiuto. Vogliamo solo che non ci si impedisca di arrivare a Gaza». Nessuna risposta è per ora arrivata all'organizzazione. Lutz sottolinea che comunque la nave eviterà qualsiasi tensioni con le forze di sicurezza israeliane.

Soprattutto, sottolinea, «cercheremo di convincere Israele che
la nostra nave è innocua, e che peraltro molte altre navi lo sono».
Se un'unità israeliana si avvicinerà, spiega ancora, «ci
allonteneremo,ma poi cercheremo di ritornare». Certamente, prosegue,
«non accetteremo l'offerta (sempre ribadita della autorità israeliane
in questi casi) di far arrivare gli aiuti via terra. Spesso abbiamo
provato a far arrivare così aiuti umanitari, ma non ci è mai
riuscito».

mercoledì 9 giugno 2010

Servizi segreti, promozioni e lo scandalo delle due amanti

Scandalo nello Shin Bet, i servizi segreti interni isreliani: il numero tre dell'agenzia è stato sospeso dal servizio con l'accusa di aver fatto promuovere due sue amanti. Il capo dello Shin Bet, Yuval Diskin, lo ha messo in ferie obbligatorie e ha disposto
l'apertura di un'indagine da parte della Commissione per il Servizio civile. Il dirigente è anche accusato di non aver denunciato il conflitto d'interessi quando fece parte della commissione disciplinare che sospese per un anno dal servizio il marito di una delle due amanti, anche lui agente. E' stato proprio quest'ultimo a denunciare il caso ai suoi superiori. Lo Shin Bet è una delle tre principali organizzazioni di spionaggio israeliane insieme ad Aman (intelligence militare) e al Mossad (che raccoglie informazioni all'estero).

martedì 8 giugno 2010

Madrid vieta il Gay Pride agli israeliani

Gli organizzatori del Gay Pride a Madrid hanno ritirato l'invito alla comunità gay israeliana in seguito alle condanne internazionali a Israele per l'attacco alla Freedom Flotilla, il convoglio di navi diretto a Gaza per consegnare aiuti umanitari . Lo riferisce il sito del quotidiano spagnolo El Mundo spiegando che per gli organizzatori la presenza della comunità israeliana comprometterebbe la «sicurezza» della manifestazione prevista per luglio. Il gruppo di omosessuali avrebbe dovuto sfilare per la prima volta nelle strade madrilene con un autobus con la scritta «Israeliani» e «Tel Aviv».

Sarkozy contro il boicottaggio dei film israeliani

Il governo francese deplora la decisione della catena di cinema indipendente Utopia di cancellare dal suo programma un film israeliano, un modo per protestare simbolicamente contro l'assalto dei militari israeliani alla 'Flottiglia della pacè diretta a Gaza. «Nell'attuale contesto di forti tensioni, gli scambi culturali e artistici devono proseguire. La Francia deplora questo annullamento che fa il gioco degli estremisti e auspica il mantenimento delle manifestazioni culturali francesi in Israele e israeliane in Francia», ha detto a Parigi il portavoce del ministero degli Esteri Bernard Valero. «La Francia non cessa di credere (...) al ruolo che possono svolgere gli intellettuali e gli artisti al servizio dell'avvicinamento tra i popoli». La rete di cinema 'Utopià, che in Francia conta 6 sale, ha tolto dal suo programma la commedia '5 ore a Parigì ('Hamesh Shaot me Pariz') dell'israeliano Leon Prudovsky, evocando «motivi morali» dopo il raid dello Stato ebraico contro la Freedom Flottilla, che ha causato la morte di 9 persone. Il film resta tuttavia in programma in 40-50 sale francesi,in particolare, nei circuiti Ugc-Gaumont, Pathè e MK2, dove uscirà il 23 giugno. Una dura condanna per la decisione della rete Utopia è stata lanciata dalla Lega francese contro il razzismo e l'antisemitismo.

Un canale all news per Israele

Il governo israeliano sta pensando di creare un canale televisivo all news che faccia sentire la voce dello Stato ebraico nell'arena internazionale. Lo ha annunciato il ministro per la Diplomazia
Pubblica e la Diaspora, Yuli Edelstein, secondo quanto riporta il 'Jerusalem Post'. Il ministro ha elencato le varie ipotesi sul tavolo per mettere in piedi la nuova emittente, con riferimento al più famoso canale all-news mediorientale, Al-Jazeera. «Sarà un Al-Judaea che trasmette via satellite o trasmetterà su internet? Avrà un suffisso .gov o .com?» per identificare rispettivamente le istituzioni o le imprese. «Ancora non abbiamo le risposte» ha detto. Intanto il governo ha già stanziato i fondi per il progetto e «sta cercando dei partner» nel settore privato, visto che il canale non sarà finanziato solo dallo Stato, ha proseguito Eldestein. Ma per diffondere il suo punto di vista Israele sta studiando anche altri progetti. «Stiamo creando un'infrastruttura di nostri amici e alleati nel mondo» che forniscano un'informazione accurata, ha annunciato, spiegando che «sarà basata sia su professionisti, sia su volontari». Il politico si è espresso infine sullo scontro nell'arena mediatica con gli avversari di Israele. «Non sono sicuro che possiamo vincere per ko - ha concluso - ma possiamo guadagnare un round, e poi un altro, e trovare il modo di vincere ai punti. Non tutto il mondo è contro di noi».

Hamas, sì ai controlli Ue sulle navi con gli aiuti


Hamas si è detto oggi favorevole al ripristino delle ispezioni dell'Unione Europea al valico terrestre di Rafah, tra Egitto e Striscia di Gaza, e della presenza di navi dell'Ue di fronte le coste della Striscia per ispezionare carichi diretti a Gaza, «a patto che Israele non interferisca».
All'indomani della proposta lanciata dal ministro degli esteri francese Bernard Kouchner di consentire all'Ue di controllare il traffico verso la Striscia per assicurare l'arrivo di aiuti umanitari, un membro dell'ufficio politico di Hamas in esilio a Damasco ha affermato che «l'intervento europeo sarebbe il benvenuto, ma a determinate condizioni». Interpellato dalla tv panaraba al Jazira, Izzat Rishq ha detto che «Hamas non ha alcun problema ad accettare il ripristino delle ispezioni europee al valico di Rafah, a patto che non ci sia alcun tipo di interferenza da parte di Israele». La missione Eubam-Rafah (European Union Border Assistance Mission), avviata alla fine del 2005 e formalmente ancora attiva, è stata sospesa nel giugno 2007 per ragioni di sicurezza. «Per quanto riguarda i controlli via mare, siamo pronti a valutare la proposta, non appena sarà formalizzata, ma anche in questo caso la condizione è che le autorità israeliane non interferiscano nè direttamente né indirettamente», ha affermato il membro di Hamas.

lunedì 7 giugno 2010

Insulta gli ebrei, storica reporter della Casa Bianca si licenzia


"Che se ne vadano dalla Palestina. Che tornino in Germania o in Polonia": questa battuta sugli ebrei, nei giorni della crisi della Mavi Marmara,è costata il posto, la carriera e la reputazione alla decana dei corrispondenti americani alla Casa Bianca. Helen Thomas, 89 anni, ha annunciato oggi l'addio al giornalismo dopo le critiche suscitate dalla sua frase anti-semita.
La battuta della Thomas, rivolta a un rabbino, filmata e circolata su YouTube, aveva suscitato feroci polemiche in giorni in cui l'amministrazione Obama e l'America sono alle prese con la complessa reazione all'attacco israeliano alla flottiglia filo-palestinese diretta a Gaza. Oggi, con la poltroncina della Thomas visibilmente vuota durante il briefing quotidiano della Casa Bianca, il portavoce Robert Gibbs ha definito le affermazioni della anziana giornalista "vergognose e offensive" e l'aveva esortata al mea culpa. "La dovrebbero licenziare", aveva tuonato nel week end il predecessore di Gibbs al tempo di George W. Bush Ari Fleischer. Severo anche il consiglio direttivo dell'Associazione dei Corrispondenti che aveva definito «indifendibile» la battuta della collega ora in pensione.

L'Iran vuole inviare i suoi aiuti a Gaza via mare


La Mezzaluna rossa iraniana ha annunciato oggi l'intenzione di inviare tre navi per portare aiuti umanitari alla popolazione di Gaza, sfidando il blocco imposto da Israele. Due navi, che trasporteranno cibo, rifornimenti di medicinali e personale medico, partiranno nei prossimi giorni, secondo quanto ha annunciato il responsabile dell'organizzazione, Abdolrauf Adibzadeh. «L'Iran - ha aggiunto Adibzadeh - sta anche preparando l'invio di una nave ospedale che avrà a bordo medici, infermieri e tutta l'attrezzatura medica necessaria per operazioni e procedure d'urgenza».
La Mezzaluna rossa iraniana intende fare arrivare «entro questa settimana» i primi aiuti attraverso il valico di Rafah, fra l'Egitto e la Striscia di Gaza, secondo quanto ha precisato Adibzadeh. Quello di Rafah è l'unico valico di frontiera che il territorio palestinese non ha in comune con Israele. Ieri Ali Shirazi, il rappresentante in seno ai Guardiani della rivoluzione della Guida suprema iraniana, ayatollah Ali Khamenei, ha detto che i Pasdaran sono pronti a scortare «con tutta la loro potenza e la loro capacità» navi che portino aiuti a Gaza, se solo lo stesso Khamenei darà quest'ordine. «È dovere dell'Iran difendere l'innocente popolazione di Gaza», ha aggiunto Shirazi.
Negli ultimi giorni il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad ha avuto colloqui telefonici con i suoi omologhi siriano, Bashar al Assad, e venezuelano, Hugo Chavez, anch'essi su posizioni duramente anti-israeliane, sulle azioni da adottare in reazione all'attacco delle forze speciali israeliane di lunedì scorso contro una flottiglia internazionale che portava aiuti a Gaza.

Polverini: i giovani vogliono un percorso di pace


«I ragazzi sono qui perché i loro genitori hanno ritenuto giusto farli partire. Questo è un segnale di amicizia importante e dimostra la volontà di proseguire in questo percorso di pace che deve essere un obiettivo da raggiungere». Il presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, è sbarcata ieri in Israele con il presidente della Cer Riccardo Pacifici, il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni e un gruppo di 40 studenti di due scuole superiori della provincia di Latina. La governatrice sta accompagnato i ragazzi vincitori del concorso, promosso dalla Regione Lazio "Il percorso dei giusti - La Memoria del bene patrimonio dell'umanità". Un progetto che proseguirà anche nei prossimi anni, come ha spiegato Polverini. «Questo è un progetto - ha detto - che va al di là degli schieramenti politici. Lo si può rinnovare pensando di aggiungere qualcosa in più per i nostri ragazzi perché siano testimoni della Memoria, finchè storie drammatiche non accadano più». Il premio quinquennale, giunto alla ultima edizione, quest'anno ha visto come vincitori i lavori realizzati dagli studenti dell'Istituto nautica e commerciale Giovanni Caboto di Gaeta e l'Isiss Pacifici e De Magistris di Sezze (Latina).

domenica 6 giugno 2010

Militia: "Fini, Pacifici, Alemanno: tre merde judaiche"


Venrdì sera è stata trovata, grazie alle segnalazioni dei cittadini romani alla polizia, questa scritta su via del Colosseo: «Fini, Pacifici, Alemanno: tre merde judaiche!». Vicino un'altra scritta recita «Fascismo: sola civiltà», con la firma e il simbolo di Militia.

sabato 5 giugno 2010

Il DNA intatto degli ebrei

L'identità genetica degli Ebrei è
rimasta intatta nonostante la Diaspora: infatti una estesa
analisi genetica degli ebrei presenti in Italia, Siria, Grecia e
molti altri luoghi del mondo ha dimostrato che dopo la diaspora
il popolo ebraico ha comunque mantenuto una certa unicità
genetica e che i diversi gruppi di ebrei nel mondo si somigliano
molto di più tra loro che con i non ebrei accanto a cui vivono.
   Quindi, dimostra lo studio diretto da Harry Ostrer del NYU
Langone Medical Center, allo stesso modo con cui si sono
mantenuti uniti nella cultura e nelle tradizioni, gli ebrei
sparsi per il mondo hanno anche conservato un'identità genetica
che continua ad essere riscontrabile dopo secoli. Lo studio ha
messo anche in evidenza un elevato grado di parentela
all'interno di ciascun gruppo di ebrei.
   Pubblicata sull'American Journal of Human Genetics, l'analisi
ha coinvolto ebrei italiani, greci, turchi (Sefarditi) ebrei
siriani, iraniani e iracheni (tutti sefarditi)), ebrei
dell'Europa Orientale (ashkenaziti).
   In tutto si è studiato un campione di 237 partecipanti nella
regione metropolitana di New York, Seattle, Atene, Roma e
Israele. Il loro Dna è stato messo a confronto reciproco e poi
confrontato anche con quello di altri popoli.
   È emerso che nonostante alcune diversità genetiche tra
gruppi di ebrei abitanti in paesi diversi, il loro Dna dichiara
però una profonda somiglianza testimoniando la comune origine
mediorientale. Inoltre sono risultate maggiori diversità
genetiche tra ebrei e non ebrei abitanti nello stesso paese che
non tra i vari gruppi di ebrei abitanti in paesi diversi. Infine
è emerso un forte grado di parentela tra ebrei di uno stesso
gruppo; per esempio tra gli ebrei ashkenaziti si riscontra un
alto grado di parentela simile a quello tra cugini di primo
grado.

venerdì 4 giugno 2010

A Lungotevere "Israele male assoluto"


Un lettore mi segnala questo striscione trovato ieri sera a Lungotevero Michelangelo, attaccato sotto un ponte stradale. C'è scritto: "Israele male assoluto".

La voce del Ghetto: ma quale tensione? Non abbiamo paura


Rabbia sì. Tanta. Ma nessuna tensione. Nella piazza dell'antico ghetto la giornata trascorre nella normalità. I ragazzi escono da scuola e si fermano a mangiare nei ristoranti kosher. Giocano. Le mamme li osservano, chiacchierando. Anche delle ultime vicende mediorientali, certo. Ma le manifestazioni anti-Israele che hanno sfiorato Portico d'Ottavia non sembrano aver messo paura a qualcuno, qui. Proprio ieri dei rappresentanti della Cgil hanno attaccato di fronte alla Sinogoga di Roma un manifesto che annunciava un corteo contro il blitz dei militari israeliani: dagli ebrei romani nessuna reazione scomposta. «Semmai tanto fastidio. La gente confonde Israele con gli ebrei. È chiaro che c'è un rapporto diretto. Ma un conto è criticare uno Stato, un altro è venire a "casa nostra" per prenderci a parolacce. E poi: ma quale tensione - dice una mamma mentre aspetta il figlio fuori le elementari -? I giornali hanno scritto un sacco di cavolate. Semmai sono gli estremisti che devono stare attenti».


«Non si devono azzardare - ribatte l'amica mentre apre l'ombrello per ripararsi dalla pioggia - a passare da queste parti per insultarci. Quel manifesto della Cgil davanti alla Sinagoga è la dimostrazione che vogliono provocare». «Piazza - come viene chiamato l'antico ghetto dai suoi frequentatori - è offesa, non ha paura. Nessuno tocchi questo luogo che - dice Umberto Pavoncello mentre passa a via del Tempio in bicicletta - è sacro e ha sofferto già quello che doveva soffrire. E poi questi che ci danno contro sono pochini, preferiamo non dargli troppo peso». Chi conosce la differenza tra la tensione, quella vera, di un tempo e quella presunta di oggi è Peppe Calò, numero due del circolo «I ragazzi del '48».


È seduto ai tavoli del Bar Totò al centro di via Portico d'Ottavia con il fratello e un po' di amici. Aspetta di aprire il circolo con Angelo Sermoneta, detto Baffone. Con lui ha combattuto sul serio quando negli Anni Ottanta e Novanta c'era da difendersi per davvero: «Mica come ora. L'altra sera, quando quelli di sinistra sono passati a Botteghe Oscure per insultarci, noi eravamo quattro gatti e loro in duecento. Sa che è successo? Che quando ci hanno visto sono scappati». «Voi vedete tensione qui - chiede il fratello -? Questa Piazza è piena di gente, di ebrei. Siamo tutti tranquilli». «Se questi dimostranti - ribatte Peppe - vogliono venire a provocare, noi li aspettiamo. È che sono confusi, non sanno neanche loro quello che vogliono. Parlano di Israele e alzano il braccio davanti agli ebrei. Vanno in palestra e si agitano ma non hanno capito che noi, a differenza loro, combattiamo per la sopravvivenza. Siamo tanto arrabbiati per l'odio che ci buttano addosso. Ma non dite che Portico d'Ottavia ha paura».

Pacifici: ebrei sotto assedio senza paura


«È un momento in cui siamo sotto pressione e sotto attacco dei media. Qualcuno pensa che questa situazione di assedio ci faccia paura ma noi non abbiamo paura e siamo tranquilli e sereni». Lo ha detto Riccardo Pacifici, presidente della comunità ebraica di Roma, in occasione del 66° anniversario della Liberazione di Roma alla cerimonia della riapertura del Tempio Maggiore. «Oggi siamo qui in una giornata particolare, visti i tragici eventi che si sono verificati in Medio Oriente - ha aggiunto Pacifici -. Oggi, per questo evento, le forze di polizia hanno dovuto rafforzare i controlli verso chi, invece di manifestare la pace, vuole manifestare il suo odio contro di noi. Anche questi pacifinti se possono manifestare lo devono al sacrificio di chi si è battuto per la liberazione».

giovedì 3 giugno 2010

Roma, manifesti anti-Israele della Cgil davanti il Tempio


Provocatorio. E' il manifesto che vedete nella foto qui sopra. Lo ha attaccato la Cgil proprio davanti il Tempio di Roma, sul Lungotevere. E' una "Condanna al governo di Israele", come si legge nel titolo. La confederazione di Guglielmo Epifani invita i romani a un presidio, una manifestazione, che si è tenuto oggi davanti all'ambasciata d'Israele. Nell'invito è scritto: "Appello al governo italiano, all'Unione europea e alla comunità internazionale per riprendere immediatamente il processo di pace". Attaccare il manifesto di fronte la Sinagoga sembra, oltre a un invito a partecipare al sit-in, anche un messaggio agli ebrei romani che passano per Portico d'Ottavia.

Jarach è il nuovo presidente della Comunità ebraica di Milano

Dopo le elezioni del 16 Maggio, che hanno visto prevalere con la maggioranza assoluta la lista Ken, la Comunità ebraica di Milano ha un nuovo presidente e una nuova giunta. A guidare e a rappresentare gli ebrei milanesi per i prossimi 4 anni sarà Roberto Jarach, imprenditore sessantacinquenne e personalità nota alla città per le sue varie attività in seno all'ebraismo italiano. I due vice-presidenti sono Alberto Foà e Daniele Nahum, già Presidente dell'Unione Giovani Ebrei d'Italia. Altri nomi di spicco della nuova gestione comunitaria sono Daniele Cohen, Gad Lazarov, Simone Mortara, Paola Sereni, Stefano Jesurum, Claudio Gabbai, Milo Hasbani.

Onu e Usa vogliono togliere il blocco a Gaza

E ora lo slogan è: Israele tolga il blocco a Gaza. A porre l'accento sulla questione ci pensa il segretario dell'Onu Ban Ki-moon che ieri, in serata, e dopo il voto sulla risoluzione per dare il via a una Commissione d'inchiesta sul blitz di lunedì alla Freedom Flotilla, annuncia: "Il blocco di Gaza deve essere immediatamente revocato" perché "punisce civili innocenti". Israele, ha aggiunto Ban, inoltre "deve offrire il più rapidamente possibile tutti i dettagli" in suo possesso sull'attacco contro la flottiglia filo-palestinese.
Non solo Onu. Il New York Times, citando fonti della Casa Bianca, rivela che anche gli Stati Uniti considerano il blocco come insostenibile e pianifica proposte sull'adozione di un altro approccio per consentire, con la sicurezza di Israele, anche i rifornimenti della Striscia. "Non c'è discussione in merito: abbiamo bisogno di un nuovo approccio per Gaza", spiegano da Washington.
In mezzo al coro spunta anche Israele: "L'embargo deve finire". È perentorio il deputato laburista Raleb Majadele, da sei settimane vice presidente della Knesset (il parlamento israeliano), in
un'intervista pubblicata oggi dal quotidiano Haaretz. «Il governo
di Israele deve decidere di indire un ordine del giorno saggio e
togliere l'assedio a Gaza», dice colui che è stato il primo arabo
musulmano a diventare ministro dello Stato ebraico. "Mi chiedo,
l'assedio ha favorito il rilascio di Gilad Shalit (il caporale
israeliano rapito da Hamas nel 2006, ndr)? L'assedio è stato dannoso solo per i membri di Hamas? - si chiede Majadele -. La
risposta è che l'assedio non ha portato alcun vantaggio e ha danneggiato Israele agli occhi della comunità internazionale. In ogni modo Israele invia beni a Gaza ogni giorno. L'assedio è durato più di tre anni. Ci ha dato qualcosa?".
Più scontato il parere della Lega Araba, dove i ministri degli Esteri si sono detti "pronti a rompere l'embargo in ogni modo". Il concetto è ribadito anche dal premier turco Tayyp Erdogan: "Se così non sarà - dice il premier - Israele perderà definitivamente il suo unico amico nell'area".
In Italia la richiesta dello stop al blocco della Striscia di Gaza arriva da estrema sinistra. "Il ministro degli Esteri Franco Frattini, invece di fare interviste in cui auspica generici segnali di pace e di distensione fra Israele e Palestina, chieda
ad Israele la fine del blocco agli aiuti umanitari», dice il presidente nazionale dei Verdi Angelo Bonelli.

mercoledì 2 giugno 2010

Rissa tra donne al Parlamento israeliano


Scenata fra deputate donne, oggi, alla Knesset (il parlamento israeliano) sullo sfondo delle tensioni provocate dall'assalto alla flottiglia di attivisti filo-palestinesi al largo della Striscia di Gaza.
Ad accendere la miccia del diverbio è stata Miri Reghev (nella foto), del gruppo
parlamentare del Likud (destra), il partito del premier Benyamin
Netanyahu, la quale si è avventata contro la giovane collega del Balad (minoranza araba) Hanin Zoabi, colpevola di aver partecipato alla spedizione della flottiglia e di aver poi descritto come brutale il blitz delle forze speciali.
«Vattene a Gaza, traditrice!», le ha urlato contro la Reghev incrociandola. «Hanin Zoabi - ha quindi sentenziato in aula - si è resa responsabile di un doppio delitto: si è unita a terroristi e ha
commesso un crimine morale contro lo Stato d'Israele». «Va punita - ha rincarato la dose -, non vogliamo cavalli di Troia dentro la Knesset».

Striscione anti-Israele a Roma, fermati in 17

Continua la mobilitazione anti-israeliana a Roma. Parte di uno striscione ben nascosto all'interno dei giardini di Piazza San Marco con una frase incompleta contro gli israeliani è stata scoperta dalla polizia durante i normali servizi di prevenzione dalle prime ore della mattinata per garantire il regolare svolgimento delle celebrazioni del 2 giugno. Poco dopo, sempre nell'area dei giardini, sono stati individuati alcuni noti appartenenti alla sinistra antagonista e ai centri sociali con volantini e una bandiera della Palestina. In 17 sono stati accompagnati presso il vicino Commissariato di Polizia Trevi Campo Marzio, e dopo gli accertamenti di rito saranno rilasciati.

Turchia, si alza il livello di sicurezza per la popolazione ebraica


La Turchia ha rafforzato le misure di sicurezza a protezione degli ebrei e del corpo diplomatico israeliano nel Paese, in seguito all'attacco alla Freedom Flottilla diretta a Gaza. I controlli di sicurezza sono stati rafforzati soprattutto a Istanbul, dove sono stati individuati almeno 20 luoghi sensibili, tra consolati, residenze di diplomatici, sinagoghe e altri centri in cui si radunano i 23 mila ebrei che risiedono nella città. Intanto, il
ministro degli Esteri israeliano ha disposto il rientro in patria delle famiglie del suo personale diplomatico in Turchia e alcune delle famiglie sono già rientrate, mentre le altre arriveranno in Israele oggi. Il rimpatrio è stato disposto in seguito a una richiesta delle stesse famiglie, intimorite dal clima ostile che ci sarebbe in Turchia nei loro confronti.
Nei giorni scorsi numerose manifestazioni di protesta si sono registrate in tutta la Turchia, con tentativi di assaltare l'ambasciata e i consolati israeliani. Il premier turco Recep Tayyip Erdogan ha definito «terrorismo di stato» l'attacco alla flottiglia in acque internazionali. Intanto il Parlamento, nella sua dichiarazione odierna, ha sottolineato che la reazione della popolazione turca non si trasformerà in violenza nè
danneggerà o insulterà i cittadini ebrei in Turchia e ribadisce anche che «le reazioni contro la posizione aggressiva del governo di Israele non deve prendere a obiettivo la popolazione israeliana».

Militia, scritte contro Israele nella notte


Ancora scritte contro il sindaco di Roma Gianni Alemanno e contro Israele sono comparse ieri notte a Roma, firmate dagli esponenti del movimento neofascista Militia. Sul ponte Pietro Nenni, zona lungotevere, sono stati esposti striscioni di carta che recitano: «Israele stato falso di veri assassini», «Maledetti p...., l'ora si avvicina, Israele boia!» e «I morti gridano vendetta», affiancati dal simbolo del fascio littorio e la scritta «Militia». A riferirlo sono gli stessi esponenti del movimento, che protestano contro l'attacco israeliano alla flottiglia diretta a Gaza. Un altro striscione di Militia è comparso sul cavalcavia della tangenziale est, all'altezza della Batteria Nomentana, con la scritta: «Alemanno, non dai la tua solidarietà a questi maiali assassini?».

martedì 1 giugno 2010

Scritte davanti l'ambasciata di Israele a Roma. Venerdì corteo pro-Palestina


Dopo il corteo pro-Palestina di ieri, oggi un'altra manifestazione è stata organizzata da Freedom Flottilla e dalla Rete antirazzista per la Palestina. Stavolta il sit-in è stato davanti l'ambasciata di Israele a Roma. La protesta si è conclusa senza incidenti. Ma sulla strada davanti alla sede diplomatica alcuni dei manifestanti hanno scritto con lo spray rosso, anche in lingua araba, «Boicotta Israele» e «Israele assassina». Molti dei manifestanti erano palestinesi, tra cui alcune donne che indossavano il velo e giovani con la kefiah. Alcuni hanno esposto cartelli con la foto di Arafat con l'immagine della stella di David associata ad una svastica. Alla protesta di oggi ha partecipato, tra gli altri, il portavoce dei Cobas Piero Bernocchi. Prima di andare via, i partecipanti al sit-in si sono dati appuntamento per un corteo che si svolgerà venerdì prossimo a Roma e partirà da piazza della Repubblica.

Gattegna: Serve un cambio di rotta


"Ci auguriamo che si verifichino quanto prima nuovi fatti positivi che permettano l'inversione di questa spirale di violenza, e che l'emotività del momento non tocchi i già complessi e delicati equilibri nell'area mediorientale, scatenando reazioni che farebbero solo il gioco dei nemici della pace". Sono queste le parole di Renzo Gattegna presidente dell'Unione delle Comunità ebraiche italiane (Ucei) a commento degli avvenimenti di ieri.
Gattegna ha tenuto a sottolineare che in questo momento "prevale ancora un sentimento di sgomento e di dolore per le vittime", per le quali - aggiunge - "vogliamo esprimere il nostro più sincero rincrescimento".
Il presidente degli ebrei italiani ha poi osservato che "si tratta di un incidente in parte annunciato, poich‚ era noto che Israele avrebbe permesso l'arrivo a Gaza degli aiuti umanitari solo dopo aver verificato il contenuto del carico delle navi, come era noto che la flottiglia avrebbe portato fino in fondo la propria sfida tentando di forzare il blocco: quindi una rotta di collisione e foschi presagi che poi si sono avverati nel modo peggiore e pi— dannoso per tutte le parti". "Certamente - ha osservato - sarebbe utile un'inchiesta imparziale che faccia piena luce sull'accaduto e chiarisca le responsabilità sull'uso delle armi. Sicuramente, alla luce di quanto riferito da fonti giornalistiche e mostrato da numerosi filmati, andrebbe chiarita e considerata la presenza, fra i
pacifisti, di alcuni ben noti attivisti che avrebbero congegnato
un'aggressione contro i militari israeliani". "Rimane - ha proseguito - tutta l'amarezza e la preoccupazione per la continua escalation di violenza e di incomprensione e dobbiamo constatare e prendere atto, tra l'altro, del progressivo deterioramento dei rapporti, un tempo amichevoli, tra Israele e la Turchia. Come tanti altri riponevamo molte aspettative nella possibilità che il governo di Ankara potesse svolgere un'utile mediazione; ora assistiamo al
tramonto di una delle poche realistiche speranze che solo pochi
mesi fa sembrava ancora concretamente realizzabile".

Pacifici: Israele risponde solo alle minacce


"L'azione di Israele nasce dalla paura. La paura di essere cancellato dalla faccia delle terra". Così Riccardo Pacifici, presidente della Comunità ebraica di Roma in un'intervista all'Ansa commenta la vicenda della nave turca diretta a Gaza.
"Credo che sia evidente all'opinione pubblica - dice il giorno dopo - il dramma che sta vivendo un piccolissimo stato con 7 milioni di abitanti, arabi compresi, circondato da un un miliardo di musulmani e non solo loro - basti pensare a Chavez - che vogliono annientare il suo diritto ad esistere". "Se Israele avesse dovuto applicare le regole della comunicazione, oggi - aggiunge - il mondo sarebbe al suo fianco nell'esprimere il cordoglio per la morte ingiustificata dei suoi soldati. Soldati, e questo deve essere chiaro a tutti, non addestrati secondo i canoni delle tirannie pronte a reprimere il dissenso con ogni mezzo. L'etica dell'esercito israeliano antepone, a volte a rischio della vita dei suoi soldati, l'esigenza di evitare vittime. Non sempre è possibile.
Pacifici non ha dubbi nel definire "errore e tragedia" gli avvenimenti di ieri, ma rivolge un appello all'opinione pubblica: "Trovi il coraggio di dimostrare agli israeliani e ai loro governanti di non essere soli, che non devono avere paura. Cancellare Israele significherebbe cancellare un paese democratico". Al tempo stesso, però, ci tiene a ricordare che
"Hamastan, la Striscia di Gaza governata da Hamas, non è un luogo dove si muore di fame. Lo dimostrano i fiorenti mercati che nonostante l'embargo israeliano continuano ad essere pieni di ogni cosa: dai beni di prima necessità a quelli di lusso. Un territorio governato da una tirannia dispotica e oscurantista che potrebbe destabilizzare il vicino Egitto e la Giordania. Il diritto di Israele di controllare cosa entra a Gaza è dimostrato dal lancio quotidiano di missili Kassam sulla popolazione del sud di Israele. E va ricordato che l'embargo è anche da parte dell'Egitto".
"Se non ci fossero stati i morti di ieri, non avrei esitato -
spiega ancora - a continuare a definire gli pseudo pacifisti, pacifinti". A questo proposito cita Monsignor Capucci: "L'uomo di fede arrestato nel 1979 al confine con il Libano con una mercedes piena di armi ed esplosivi. Liberato con un atto di clemenza da Israele con l'impegno di non occuparsi più di questioni mediorientali: impegno chiaramente disatteso".
Il presidente delle Comunità ebraica romana ricorda poi che alle navi turche intenzionate a forzare il blocco "era stato chiesto dai genitori del soldato Gilad Shalit (detenuto da 4 anni da Hamas) di portare una semplice lettera per chiedere l'accesso della Croce Rossa internazionale al proprio figlio. Richiesta respinta. Che dire poi della Ihh, organizzazione turca promotrice del viaggioin nave, affiliata ad Hamas, già nel mirino della Cia e responsabile di almeno tre attentati suicidi? Questi sono i pacifisti che volevano e vogliono sfidare lo stato Israele! Saranno in piazza il 12 giugno prossimo per ricordare un anno dalla repressione in Iran
del movimento democratico?". "È giunto il momento - rilancia Pacifici - che l'Italia e l'Europa dai tragici fatti di ieri sappiano rilanciare il processo di pace che porti alla nascita di uno stato palestinese democratico a fianco di Israele. L'Italia in questi anni si è guadagnata un credito enorme con l'opinione pubblica israeliana. Sono certo che attraverso le posizioni del governo e anche di buona parte dell'opposizione parlamentare, possa avanzare una proposta credibile per porre fine ad un assedio che nessun paese al mondo sarebbe stato in grado di sostenere se non lo stato di Israele. Uno stato che dal 1948 ad oggi non ha mai avuto un vero giorno di pace". "Prima di demonizzare Israele - conclude Pacifici, riferendosi anche alle manifestazioni pro Palestina
di ieri in alcune città italiane e a Roma dove hanno lambito il
quartiere ebraico - si deve tener conto di questa paura. Solo
fermando la tirannia iraniana con il suo riarmo nucleare e le
alleanze costruite con Hamas e Hezbollah ai confini di Israele,
potremo portare avanti il processo di pace. Una parola questa a
cuore agli israeliani e al popolo ebraico in tutto il mondo".