lunedì 31 maggio 2010

Ecco perché Israele poteva salire su quelle navi


I militari israeliani, come detto nei precedenti post, avevano avvertito la flotta Freedom Flotilla di doversi sottoporre ai controlli prima di continuare la rotta per Gaza. Così, gli attivisti pro-Palestina, non hanno fatto. Ecco perché l'esercito poteva salire sulle sei navi.


1. Al largo della costa di Gaza è in atto un blocco marittimo. Tale blocco è stato imposto poiché Israele si trova attualmente in uno stato di conflitto armato con il regime di Hamas che controlla la Striscia di Gaza, regime che ha ripetutamente bombardato obiettivi civili in Israele, con armi contrabbandate e introdotte illegalmente a Gaza anche via mare.

2. I blocchi marittimi sono misure legittime e riconosciute dal diritto internazionale, e possono essere implementate come parte di un conflitto armato in mare.

3. Un blocco può essere imposto in mare, anche in acque internazionali, a patto che esso non impedisca l'accesso ai porti e alle coste degli Stati neutrali.

4. I manuali militari di vari paesi occidentali, compresi gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, riconoscono il blocco navale marittimo come misura efficace e espongono i vari criteri che rendono valido un blocco, compreso l'obbligo di dare la dovuta notifica dell'esistenza del blocco.

5. Alla luce di quanto detto, va osservato che Israele ha reso nota pubblicamente l'esistenza del blocco e ha fornito le coordinate precise dello stesso blocco mediante i canali marittimi professionali internazionalmente riconosciuti. Israele ha anche inviato appropriata notifica del caso ai governi interessati e agli organizzatori della flottiglia di protesta per Gaza. Inoltre, anche in tempo reale, fino all’ultimo momento, le navi che partecipavano alla flottiglia di protesta sono state avvertite ripetutamente che era in vigore un blocco marittimo.

6. Qui è bene ribadire che in base al Diritto Consuetudinario, la conoscenza del blocco può essere presunta una volta che il blocco è stato dichiarato e una volta reso noto mediante le appropriate notifiche.

7. In base al diritto internazionale marittimo, quando è in vigore un blocco marittimo, nessuna imbarcazione può entrare nella zona interessata dal blocco. Ciò vale per imbarcazioni sia civili sia nemiche.

8. Uno Stato può intervenire per far rispettare il blocco. Ogni imbarcazione che violi o tenti di violare il blocco marittimo può essere catturata o persino attaccata secondo il Diritto internazionale. Il Manuale dei Comandanti Statunitensi sulla legge per le Operazioni Navali stabilisce che il tentativo di violare il blocco da parte di una nave è considerato tale dal momento in cui tale imbarcazione lascia il suo porto con l'intento di eludere il blocco.

9. Qui è opportuno ribadire che i manifestanti, per mezzo di numerose dichiarazioni scritte e verbali, hanno esplicitamente manifestato la loro chiara intenzione di violare il blocco. Inoltre, la loro rotta confermava la loro chiara intenzione di violare il blocco in violazione del Diritto internazionale.

10. Data l’esplicita intenzione di violare il blocco navale da parte dei manifestanti, Israele ha esercitato il suo diritto, in base alle leggi internazionali, di far rispettare il blocco. Va osservato che, prima di intraprendere misure concrete per far rispettare il blocco, sono stati trasmessi vari avvertimenti espliciti direttamente ai capitani delle navi, per esprimere l'intenzione di Israele di esercitare il suo diritto a far rispettare il blocco.

11. Israele aveva tentato di prendere il controllo delle navi che partecipavano alla flottiglia con mezzi pacifici e in modo ordinato, sempre al fine di far rispettare il blocco. Dato l’elevato numero di navi che partecipavano alla flottiglia, si è stati costretti ad adottare misure di sicurezza per far rispettare il blocco a una certa distanza dall’area del blocco.

12. Quando gli israeliani hanno tentato di far rispettare il blocco sono stati aggrediti con violenza dai manifestanti e hanno agito per legittima difesa per respingere gli attacchi.

Roma, tensione per il corteo pro palestina

Scontro verbale in piazza dell'Enciclopedia italiana a Roma fra un gruppo di manifestanti che grida «assassini» e «fascisti» all'indirizzo di un altro gruppo di persone che si trova all'interno del ghetto ebraico che urlano «Israele Israele». La polizia si è schierata fra le due parti. Poi il corteo pro palestina ha ripreso a sfilare e si sta allontanando da piazza dell'Enciclopedia italiana, presidiata dalle forze dell'ordine in maniera consistente. Qualcuno sventola la bandiera israeliana dal ghetto.

Rotta per Gaza senza passare per i controlli, Israele attacca




I fatti, prima di tutto. Nella notte appena trascorsa l’esercito israeliano compie un’operazione militare in acque internazionali. Le forze armate cercano di prendere il controllo della flotta Freedom Flotilla, composta da sei navi. A bordo ci sono circa settecento persone che si dichiarano pacifisti e vogliono raggiungere Gaza via mare per portare alla popolazione palestinese degli aiuti umanitari. Ma non vogliono sottostare ai controlli di routine. Il blitz finisce male: dieci morti (ma sul numero non c'è ancora ufficialità). La dinamica non è ancora chiara. Di certo si sa che i militari decidono di calarsi dagli elicotteri sulle imbarcazioni. Le operazioni procedono normalmente su cinque navi. È su La Marmara, la sesta nave, che qualcosa va storto. A bordo i membri della delegazione prendono in mano spranghe e bastoni. Inizia una colluttazione. Un militare viene buttato giù da un ponte. Tra i pacifisti, ora pacifinti, spuntano dei coltelli. Gli israeliani tentano di immobilizzarli. Poi parte qualche colpo di proiettile. Non da parte dei militari. Sembrerebbe che a uno dei soldati fosse stato sottratto il fucile. Altre due pistole sarebbero in mano dei passeggeri. Gli spari provocano la reazione. Di lì non si torna indietro. Il bilancio è quello che all’alba riportano tg e siti internet di tutto il mondo. Le reazioni, da Hamas agli Usa, sono di totale condanna.
Ciò che non viene detto con chiarezza rispetto all’accaduto sono le dinamiche che portano all’incidente. La flotta che voleva arrivare a Gaza era stata avvisata dall’esercito israeliano. Per tre giorni è stato chiesto alle sei navi di attraccare al porto di Ashdod. Lì sarebbero dovuti scattare i normali controlli. Solo dopo il via libera dell’Idf gli aiuti umanitari sarebbero stati portati a Gaza, probabilmente via terra. Per tre giorni la richiesta di effettuari le perquisizioni è stata rifiutata e la rotta delle sei navi è proseguita verso la Striscia. Insomma, lo scopo della missione diventa una provocazione. Al porto di Ashdod gli israeliani avevano già preparato le strutture per accogliere la flotta con i suoi settecento passeggeri. I presupposti per consentire l’arrivo degli aiuti a Gaza c’erano. Ma i pacifinti non hanno voluto acconsentire ai controlli. Forse perché a bordo non c’erano solo cibo, vestiti e medicinali per i palestinesi. C’erano sicuramente armi e attivisti islamici, come riferisce il governo israeliano.
Va chiarito un altro punto. I presupposti dell’operazione israeliana erano del tutto pacifici. Lo dimostrano più elementi. Il primo: sulle altre cinque navi non è stata posta resistenza e i controlli a bordo sono avvenuti normalmente. Il secondo: per portare a termine la missione Israele ha deciso nei giorni scorsi di richiamare i riservisti più «maturi». Soldati tra i 30 e i 35 anni con più esperienza. Militari senza la fretta e l’emotività del ventenne, della matricola. Soldati quasi tutti padri di famiglia. Insomma, Israele ha voluto mettere in campo i suoi uomini esperti per evitare colpi di scena. Ma l’attacco dei pacifinti agli israeliani ha fatto saltare gli schemi.

domenica 30 maggio 2010

La corsa di Bartali contro il razzismo


È giunto in questi giorni allo Yad Vashem di Gerusalemme una prima testimonianza dell'impegno del grande ciclista Gino Bartali nel salvataggio di alcune centinaia di ebrei italiani dall'Olocausto, un'informazione sulla quale da tempo sta lavorando la storica Sara Funaro, ma che finora non era stata suffragata da riscontri diretti.
La testimonianza è a firma di Giulia Donati, fiorentina residente in Israele, la quale ha ricordato, in una memoria inviata allo Yad Vashem, che il ciclista avrebbe aiutato la sua famiglia recapitando, nascosti nel sellino e nel manubrio della sua bicicletta, documenti falsificati. Secondo quanto risulta dalle ricerche della Funaro il ciclista avrebbe approfittato dei suoi giri di allenamento tra Toscana e Umbria per fare la sua parte in una rete di salvataggio che portò in salvo circa 800 ebrei, con base al convento di suore di san Quirico. Ora, per avviare la procedura che porterà Bartali a segnare un nuovo traguardo nella sua storia, manca solo una nuova testimonianza.

venerdì 28 maggio 2010

La Conad tende una mano. La Coop continua il boicottaggio


Incontro lunedì prossimo tra i dirigenti della Conad con l'ambasciatore di Israele a Roma, Gideon Meir e il presidente della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, per un chiarimento definitivo sulla vicenda del boicottaggio della vendita di prodotti ortofrutticoli provenienti da Israele in alcune catene distributive, tra cui Conad.
L'amministratore delegato di Conad Camillo De Berardinis ha scritto una lettera allo stesso Pacifici, affermando che «Conad non ha mai assunto né mai assumerà, posizioni di boicottaggio nei confronti delle merci provenienti da Israele» e ribadendo che «nessun punto di vendita della rete ha adottato misure di restrizione su alcun prodotto proveniente da Israele». «Ci troviamo di fronte - conclude De Berardinis - ad una campagna strumentale e guidata da finalità non chiare». Differente invece la posizione della Coop che ancora oggi non mette in vendita i prodotti importati da Israele. Il boicottaggio da parte della catena di supermercati continua. Anche ieri, quando all'ipercoop di Eur Roma 2 alcune casalinghe hanno protestato contro i dirigenti Coop, è stato ribadito dagli stessi dipendenti che la linea dell'azienda è: nessun prodotto israeliani sugli scaffali.

giovedì 27 maggio 2010

Protesta alla Coop: nell'ipermercato sventola alta la bandiera di Israele



Protesta tra i carrelli della spesa in un ipermercato nel centro commerciale Euro Roma 2, dove decine di persone hanno contestato la «decisione, da parte di Ipercoop, di non vendere più prodotti esportati da Israele». L'iniziativa è stata organizzata dal movimento antirazzista «Se non con noi chi per
noi?».
Alcuni clienti, soprattutto appartenenti alla Comunità ebraica di Roma, hanno protestato tra i banchi all'interno del reparto di ortofrutta dell'Ipercoop. «La Coop ha deciso di non vendere più prodotti esportati da Israele giustificandosi con il fatto che per questi ultimi non è certificata l'origine, in quanto coltivati in territori occupati in Palestina - ha spiegato il portavoce del movimento Elio Limentani dopo aver parlato con uno dei responsabili di reparto del supermercato - il blocco dei prodotti di provenienza
israeliana è partito già tre giorni fa su richiesta degli azionisti Coop. Questa decisione significa boicottare lo Stato di Israele con un atto di razzismo». I manifestanti hanno anche distribuito nel centro commerciale diversi volantini con lo sfondo della bandiera israeliana, «contro chi vuole boicottare Israele» e dove si legge:
«Israele è la nazione che contribuisce di più al mondo al vostro benessere. Ricordatevelo!», ricordando i tanti prodotti creati in quel territorio ed esportati in tutto il mondo, che contribuiscono al progresso dell'umanità. Dopo aver chiesto spiegazioni ai responsabili dell'Ipercoop all'interno del centro commerciale i manifestanti, tra cui intere famiglie, si sono allontanati esponendo una bandiera di Israele.

Militia, altre scritte contro Pacifici


«Alemanno e Pacifici noi siamo ancora qui e non ci fermerete mai» e «Le idee non si arrestano. Fascismo stile di vita». Sono queste le scritte su due striscioni di carta firmati dal movimento
neofascista Militia, comparse a Roma su un cavalcavia della tangenziale est della Capitale, all'altezza della Batteria Nomentana. Questa mattina i carabinieri, che indagano sulla vicenda, hanno rimosso gli striscioni, a fianco ai quali c'era
anche la scritta «Vita est Militia», fatta con lo spray. Sotto il ponte della Valli, nei pressi della circonvallazione Nomentana, qualche mese fa era comparsa un'altra scritta lunga dieci metri e fatta con la vernice, che recita «Priebke Libero», sempre firmata dallo stesso movimento. Per quest'ultima indaga la polizia.
Nei giorni scorsi alcuni esponenti di Militia avevano
annunciato nuove azioni dopo l'operazione dei Ros nel mondo dell'estrema destra romana, che alcuni giorni fa ha portato alla
denuncia di quattro militanti, accusati di apologia del fascismo, diffusione di idee fondate sull'odio razziale ed etnico e violazione della legge Mancino, con azioni contro la comunità ebraica romana e la figura del sindaco di Roma, Gianni Alemanno.

Coop, lettera di Gasparri e Kahlun


Lettera aperta di esponenti politici e della cultura al premio Nobel Rita Levi Montalcini e all'attrice Luciana Litizzetto, dopo le notizie su un «boicottaggio» da parte dei supermercati delle catene Coop e Conad di alcuni prodotti agroalimentari israeliani.
I firmatari della lettera scrivono alla Montalcini in quanto beneficiaria, con la sua Fondazione, di sovvenzioni delle Coop e alla Litizzetto perchè «volto» delle pubblicità dei supermercati. Un appello affinchè «chiedano a Coop e NordiConad di desistere da una scelta 'suicidà, che farebbe più danni agli italiani che ad Israele». «La posizione - aggiungono - è talmente faziosa che non merita neppure di essere discussa». Secondo i firmatari, «il provvedimento di Coop e NordiConaddovrebbe piuttosto applicarsi a tutti i Paesi dove non sono rispettati i diritti umani fondamentali, dove le libertà individuali sono violate o inesistenti, dove la censura non permette al mondo e neppure alle organizzazioni umanitarie di verificare le condizioni di vita della popolazione». «Forse Coop e NordiConad rifiutano di approvvigionarsi di prodotti iraniani e cinesi o dei tanti paesi del mondo dove queste violenze sono cronaca quotidiana?», chiedono gli estensori della lettera che sottolineano inoltre i danni
economici di queste scelte sulla filiera «in gran parte italiana», soprattutto in un momento di crisi. Infine, i firmatari, considerano «tristemente comico» che questi supermercati rifiutino prodotti coltivati nei territori occupati che invece sono normalmente acquistati dai paesi arabi: «In Italia purtroppo sempre più spesso proprio quella sinistra che dovrebbe essere equa e solidale, vuole essere perfino più realista del re... arabo! Vi ringraziamo per l'attenzione e speriamo di potere ottenere il Vostro aiuto».
La lettera è firmata da Vito Kahlun (responsabile giovanile del Pri), Maurizio Gasparri (capogruppo PDL al Senato), dai deputati del Pdl Benedetto Della Vedova, Aldo Di Biagio, Fiamma Nirenstein, Andrea Orsini ed Enzo Raisi, dal deputato dell'Api Gianni Vernetti, dal giornalista ed ex deputato Pd Peppino Caldarola, da Piercamillo Falasca (Vice-presidente di Libertiamo), da Angelo Moscati (Presidente bene berith giovani), fa Carmelo Palma (Direttore di
Libertiamo.it), dal giornalista Angelo Pezzana, da Giuseppe Piperno (Presidente Unione dei Giovani Ebrei Italiani), da Filippo Rossi (Direttore Farefuturo webmagazine), da Sergio Rovasio (Segretario dell'Associazione Radicale «Certi Diritti», da Alberto Tancredi (Presidente Associazione Romana Amici d'Israele) e da Sofia Ventura ( Politologa Università di Bologna).
Nei giorni scorsi, la Conad ha sostenuto che non è in corso alcun boicottaggio nei confronti di Israele ma solo una «richiesta di informazioni» ad un produttore di pompelmi, l'Agrexco, per verificare (a seguito di alcune segnalazioni da organizzazioni umanitarie locali) se la produzione sia avvenuta «nel rispetto non solo del capitolato di fornitura, ma anche delle condizioni di legalità prescritte dal diritto nazionale e sovranazionale». La Conad ha anche precisato che si tratta di «quantitativi irrilevanti» di pompelmi, la cui produzione è peraltro finita ad aprile, e che l'importazione da Israele riprenderà appena il frutto sarà nuovamente disponibile. L'Agrexco è una società a partecipazione statale ed è il maggiore esportatore di prodotti agricoli israeliani in Europa.

Militia torna sui muri di Roma


Vita est Militia: è questa una nuova scritta del movimento neofascista Militia comparsa a Roma nella notte, all'altezza del ponte dell'uscita Batteria Nomentana, sulla tangenziale est della Capitale. «Questo è un segnale per far capire ad Alemanno che non ci fermiamo», hanno detto gli esponenti del movimento. Gli stessi che avevano annunciato nuove azioni dopo l'operazione dei Ros nel mondo dell'estrema destra romana, che alcuni giorni fa ha
portato alla denuncia di quattro persone, accusate di apologia
del fascismo, diffusione di idee fondate sull'odio razziale ed
etnico e violazione della legge Mancino, con azioni contro la
comunità ebraica romana e la figura del sindaco di Roma, Gianni
Alemanno.

mercoledì 26 maggio 2010

Coop-erazione dopo lo strappo


Ci sarà presto un incontro fra l'ambasciatore di Israele a Roma, Gideon Meir, e i vertici della Conad per un chiarimento sullo «spiacevole equivoco»: così lo ha definito Cesare Pambianchi, presidente di Confcommercio Roma e tessitore dell'incontro che dovrebbe cancellare la polemica sorta in questi giorni in seguito al presunto boicottaggio delle vendite di prodotti ortofrutticoli israeliani presso i centri a marchio Conad. Pambianchi si è sentito al telefono con l'amministratore delegato di Conad. «Camillo De Berardinis - ha spiegato Pambianchi in una nota - mi ha personalmente rassicurato nel corso di un colloquio telefonico che le notizie riguardanti un presunto boicottaggio delle vendite di prodotti ortofrutticoli israeliani sono del tutto prive di fondamento. Del resto - ha aggiunto Pambianchi - una simile iniziativa sarebbe in completa antitesi con quella che è sempre stata la politica imprenditoriale di Conad, basata sul pluralismo e sulla distribuzione di tutti i migliori marchi internazionali». «Da qui la decisione di attivarsi subito come Confcommercio Roma per organizzare un incontro tra i dirigenti di Conad e l'Ambasciatore israeliano a Roma, Gideon Meir, per chiarire questo spiacevole equivoco».

Israele, sesso vietato ai minori di 16 anni


Sarà discusso oggi il progetto di legge presentato dal vice presidente della Knesset (il parlamento israeliano) Carmel Shama (del Likud) che mira ad alzare l'età al di sotto della quale è vietato avere rapporti sessuali. Secondo quanto riporta il quotidiano, 'Yedioth Ahronoth', se il provvedimento venisse approvato sarebbe vietato fare sesso sotto i 16 anni, contro gli attuali 14. «La giovane età alla quale si inizia ad avere rapporti sessuali aumenta il rischio di danni fisiologici e mentali», ha detto il deputato promuovendo il progetto di legge. Shama ha quindi sottolineato come la sua proposta è già in atto in vari paesi, quali Usa, Gran Bretagna, Canada, Norvegia, Olanda e Finlandia. Tuttavia in numerosi altri Stati, quali Spagna, Ungheria,Moldavia, Croazia, Cile e Albania, è vietato il sesso sotto i 14 anni. Il progetto di legge non definisce la punizione per i trasgressori, ma ritiene che sarà proporzionata al reato e determinata in seguito a consultazioni con i medici. Nel progetto di legge vi è anche una clausola che vieta agli adolescenti di 16 e 17 anni di avere rapporti sessuali con persone di 10 o più anni più grandi di loro. Stando ai dati diffusi dall'Organizzazione mondiale della Sanità nel 2009, un terzo degli adolescenti israeliani maschi tra i 14 e i 16 anni ha rapporti sessuali, contro il 23% delle femmine.