lunedì 31 maggio 2010

Rotta per Gaza senza passare per i controlli, Israele attacca




I fatti, prima di tutto. Nella notte appena trascorsa l’esercito israeliano compie un’operazione militare in acque internazionali. Le forze armate cercano di prendere il controllo della flotta Freedom Flotilla, composta da sei navi. A bordo ci sono circa settecento persone che si dichiarano pacifisti e vogliono raggiungere Gaza via mare per portare alla popolazione palestinese degli aiuti umanitari. Ma non vogliono sottostare ai controlli di routine. Il blitz finisce male: dieci morti (ma sul numero non c'è ancora ufficialità). La dinamica non è ancora chiara. Di certo si sa che i militari decidono di calarsi dagli elicotteri sulle imbarcazioni. Le operazioni procedono normalmente su cinque navi. È su La Marmara, la sesta nave, che qualcosa va storto. A bordo i membri della delegazione prendono in mano spranghe e bastoni. Inizia una colluttazione. Un militare viene buttato giù da un ponte. Tra i pacifisti, ora pacifinti, spuntano dei coltelli. Gli israeliani tentano di immobilizzarli. Poi parte qualche colpo di proiettile. Non da parte dei militari. Sembrerebbe che a uno dei soldati fosse stato sottratto il fucile. Altre due pistole sarebbero in mano dei passeggeri. Gli spari provocano la reazione. Di lì non si torna indietro. Il bilancio è quello che all’alba riportano tg e siti internet di tutto il mondo. Le reazioni, da Hamas agli Usa, sono di totale condanna.
Ciò che non viene detto con chiarezza rispetto all’accaduto sono le dinamiche che portano all’incidente. La flotta che voleva arrivare a Gaza era stata avvisata dall’esercito israeliano. Per tre giorni è stato chiesto alle sei navi di attraccare al porto di Ashdod. Lì sarebbero dovuti scattare i normali controlli. Solo dopo il via libera dell’Idf gli aiuti umanitari sarebbero stati portati a Gaza, probabilmente via terra. Per tre giorni la richiesta di effettuari le perquisizioni è stata rifiutata e la rotta delle sei navi è proseguita verso la Striscia. Insomma, lo scopo della missione diventa una provocazione. Al porto di Ashdod gli israeliani avevano già preparato le strutture per accogliere la flotta con i suoi settecento passeggeri. I presupposti per consentire l’arrivo degli aiuti a Gaza c’erano. Ma i pacifinti non hanno voluto acconsentire ai controlli. Forse perché a bordo non c’erano solo cibo, vestiti e medicinali per i palestinesi. C’erano sicuramente armi e attivisti islamici, come riferisce il governo israeliano.
Va chiarito un altro punto. I presupposti dell’operazione israeliana erano del tutto pacifici. Lo dimostrano più elementi. Il primo: sulle altre cinque navi non è stata posta resistenza e i controlli a bordo sono avvenuti normalmente. Il secondo: per portare a termine la missione Israele ha deciso nei giorni scorsi di richiamare i riservisti più «maturi». Soldati tra i 30 e i 35 anni con più esperienza. Militari senza la fretta e l’emotività del ventenne, della matricola. Soldati quasi tutti padri di famiglia. Insomma, Israele ha voluto mettere in campo i suoi uomini esperti per evitare colpi di scena. Ma l’attacco dei pacifinti agli israeliani ha fatto saltare gli schemi.

1 commento:

  1. bisogna però che queste notizie non viziate vengano divulgate all'esterno e che venga fatta una controcontroinformazione perchè sennò purtroppo verrebbe fuori sempre e solo la stessa cosa ovvero che israele è un mostro imperialista contro il quale combattere mentre i passeggeri delle 6 navi erano solamente dei pacifisti coraggiosi ed eroici.il nostro compito quindi secondo ne è non dare notizie che influenzino a favore dello stato di israele ma raccontare i dati di fatto per far capire alla gente all'esterno (che come mezzo di informazione a sua disposizione ha solamente secondo me notizie deviate),quello che veramente sta accadendo.

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